Una leggenda del blues racconta che un
musicista ha sepolto una corda della sua chitarra ad un incrocio come
pegno nel suo personale patto col diavolo.
Non era un musicista particolarmente
bravo o ispirato. Lui suonava . Voleva vivere suonando ma non ne
aveva assolutamente i mezzi. Da qui il patto. Le solite cose: fama,
gloria e belle donne in cambio di un anima immortale. Ma alla base
c'era la musica. Una corda di chitarra come pegno e un incrocio come
studio notarile.
Un incrocio, chi sa perché il diavolo
ama tanto gli incroci. Forse perché è qualcosa che si lega
perfettamente alla vita e a quello scherzo chiamato “libero
arbitrio”.
Gli incroci, posti complicati. Che tu
sia un guidatore diretto al posto di lavoro o un'anima affranta nel
mezzo del cammin della tua vita gli incroci sono posti importanti.
Forse è perché si legano
indissolubilmente alla vecchia domanda: “cosa sarebbe successo se
avessi girato a destra invece che a sinistra?” oppure..
“... E se avessi allungato un braccio
nel letto per toccarle il fianco?”
“... e se gli avessi detto veramente
cosa pensavo?”
“... e se avessi accettato quel
lavoro?
“... e se qualcosa mi stesse
aspettando dietro la prossima curva?”
“... e se...”
“...e se avessi sbagliato strada?”
Dio, qualunque dio, è sempre pieno di
certezze. Noi però viviamo nella dimensione dei forse: forse
riuscirò ad avere una storia con lei, forse lui mi richiamerà,
forse non mi ama abbastanza, forse non sono ancora i grado di gestire
questa situazione.
Forse...
al diavolo piacciono i forse. Perché
il diavolo è una persona lungimirante. Lui pensa al futuro non al
presente. È uno bravo nel suo lavoro perché quello che a noi ha
sempre fatto paura è il domani non l'oggi. L'oggi è sopportabile,
gestibile, arginabile, alle volte godibile. Il domani è incerto,
misterioso, infido, bastardo.
E quindi torniamo al nostro musicista
sospeso nel nulla della non scelta: essere uno tra i tanti che
aspettano il colpo di fortuna o essere il più grande. Essere
l'anonimo sottofondo di un incontro casuale nella notte di martedì
grasso o il centro di un uragano di follia e corpi sudati di un
giorno qualunque?
Per questo una corda di chitarra, un
incrocio in una strada sterrata e un patto che ha come postilla un
eternità di dannazione.
Non li ho mai capiti i patti col
diavolo: un eternità di dannazione in cambio di qualcosa che sai che
a breve finirà. Perché la vita e sempre breve e dopo la prossima
curva potrebbe sempre esserci una strada sbarrata e un posto di
blocco. Uno di quelli tenuti da un poliziotto costretto a lavorare
nel suo giorno libero.
Ma intanto da qualche parte qualcuno
suona un ritmo travolgente privo di qualsiasi criterio logico se non
il caos che ha dentro. Decine e decine di corpi sudati agitano nella
penombra trascinati dalla corrente. Negli angoli bui le donne gemono
e gli uomini ridono. E tu al centro di questa marea che non
rifluisce mai. Da qualche parte nel futuro il locale chiude e le
donne delle pulizie si affannano a tirar su vomito e altre cose
innominabili. Fuori splende il sole la gente rispettabile e noiosa va
al lavoro guardando con disprezzo gli ubriaconi della sera prima che
smaltiscono la sbronza.
Forse è questa l'essenza del patto, il
vantaggio che ne ha il contraente: sapere che prima o poi il locale
chiuderà, che alla fine la festa finisce, le che si riprende le
mutande e se ne va. Sapere che alla fine tutto risulterà inutile e
squallido.
Domani.
Ma oggi, stasera, c'è solo una notte
senza luna che accompagna il ritmo della tua
musica.
Domani...
domani
si vedrà.
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