Ma non mi dire
È una sera d'estate, il cielo
stellato, il silenzio dei monti interrotto solo dall'abbaiare dai
cani. Siamo in una casetta vicino ad un paesino vicino ad un altro
paesino vicino Tivoli. Se stringiamo l'inquadratura vicino alla base
dei monti ed aguzziamo la vista potremmo scorgere una fitta nube di
moscerini, mosche e zanzare che si contende lo spazio vicino ad un
tavolo da giardino apparecchiato a festa con bottiglie di vino, birra
e piatti di plastica. Intorno al tavolo io, Aurora, Raul Silvia e
Luca (padrona di casa e figlio) consumiamo i quintali di carne che un
sudato, ma soddisfatto, Alessandro cuoce su una pira vichinga che noi
ci ostiniamo a chiamare grigliata.
La conversazione langue un po' occupati
come siamo ad addentare salsicce, bistecche e pezzi fettine di
pancetta arrostita.
Esatto pancetta.
L'aria di montagna da sempre mette
appetito e sicuramente la lunga camminata che abbiamo intrapreso nel
pomeriggio ha aiutato i nostri stomaci a svegliarsi. Zara, Crash e
gli altri cani ronzano a turno intorno al tavolo per assicurarsi che
ogni pezzo di carne abbia il proprio padrone e, nel caso, per
occuparsi di eventuali orfanelli incustoditi.
Non ce ne sono.
Tra un morso e l'altro Alessandro
emerge dalla nube di fumo e moschilli con un vassoio su cui sono
posate delle fette di pancetta appena arrostite. Il grasso emana un
odore paradisiaco. Zara fa un guaito di disperazione e si mette
nella sua migliore posa da “Vedi come sono brava? Dammi della
carne!” sottintendendo che se il mondo si rivelerà ingiusto come
sempre dovrà provvedere di persona a risolvere il tutto. Noi la
ignoriamo secondo le direttive.
Cinque forchette si incontrano nel
piatto per prendere altrettante fette di pancetta. Zara fa un altro
verso a metà tra un guaito di immensa sofferenza e un verso di
sdegno incollerito. Di fronte a me Raul attacca la sua carne. I
centimetri di barba rossiccia che si è fatto crescere si insudiciano
di unto. Nessuno è ancora riuscito a fargli tagliare quel nido di
merli per quanto amici, fidanzata e semplici passanti non facciano
altro che sottolineare quanto stia male. Di fianco a me Aurora
ragiona con Silvia di non ben precisati fatti da canari. Le ignoro
mentre taglio la pancetta e il piatto di plastica sottostante. Poi
l'idea: lo prendo per le mani e do un bel morso come il miglior
cavernicolo dei tempi che furono.
Peccato solo che morda il lato della
cotenna e sovrappensiero tiro tutto dentro. Mastico un po' e decido
che non è cotenna ma solo qualche nervo da buttar giù.
Errore.
Qualcosa si blocca a metà gola. Colpo
di tosse, altro colpo e mini conato. Raul e Aurora mi guardano con il
punto interrogatovo accanto alla testa. Io faccio u gesto che
significa “è tutto ok” mentre cerco di buttare giù.
Problema: non ho capito come è
successo ma qualcosa si è incastrato. Non ne sono sicuro a causa
della concitatezza del momento ma credo che la cotenna si sia
attorcigliata all'ugola bloccando tutto. Si, esatto, sto soffocando
come il peggio cretino.
Mimo il gesto della pacca sulla
schiena. Aurora, di fianco a me, mi da due badilate in rapida
successione. Non mi accorgo di niente.
“Stè tutto bene?” chiede Raul. Poi
mi fissa e cambia espressione, sono rosso tendente al viola “qualcuno
sa fare la manovra di... di... di coso?” chiede perplesso.
Alessandro, nella sua nube di fumo si accorge di qualcosa e fa per
avvicinarsi.
Intanto Aurora che mi ha fissato fin
ora con un paio d'occhi come piattini da caffè prende l'iniziativa:
si alza mi tiene ferma la testa e mi infila la mano in gola più o
meno oltre il polso. Aurora, quella che quando deve togliere i suoi
capelli dallo scarico della doccia fa dei versi orribili e quasi
vomita. Aurora, quella che ha le mani con dita lunghe come quelle di
ET. Aurora, quella che ha smesso di mangiarsi le unghie e ora ha
degli artigli affilati coperti di smalto blu.
Nel frattempo il mio cervello si è
accorto che non passa più aria. Quando quest'informazione si fa
strada nella mia coscienza inizio ad agitarmi il fatto di avere la
mano della mia migliore amica che tasta tutto quello che sta al di là
dei denti del giudizio in cerca del blocco non aiuta.
Ho un conato, poi un altro ma mi
trattengo perché è tutto bloccato. Le afferro il polso e mi agito.
Lei mi fissa. Da qualche parte nel suo corredo genetico l'animo da
dittatrice amazzone prende il sopravvento.
“STAI FERMO!” mi immobilizzo,
avesse avuto il tempo di completare la frase avrebbe sicuramente
aggiunto “l'unico modo in cui tu può morire oggi è che ti ammazzo
io! Oppure “nessuno ti ha dato il permesso di morire”.
Sento due dita che scendono più in
basso nella gola poi un leggero trafficare e, finalmente, la cotenna
si sbroglia. Aurora tira fori tutto.
Respiro.
Il resto della cena va avanti con
battute di ogni genere che mi fanno giustamente bersaglio. In fondo
stavo per morire come un demente. Incasso tutto consapevole che il
peggio arriverà poi. Perché, come nei film di guerra, ora devo la
vita a qualcuno.
E non è mai bene avere un debito con
Aurora.
Tanto per dire, questo post l'ho dovuto scrivere sotto ordine della mia salvatrice.
Ah già, dimenticavo:
Questa è Zara in una delle sue tipiche pose da "dai, fa mangiare anche me"
Nessun commento:
Posta un commento