lunedì 26 agosto 2013

Come Bruce Willis

Ma non mi dire

È una sera d'estate, il cielo stellato, il silenzio dei monti interrotto solo dall'abbaiare dai cani. Siamo in una casetta vicino ad un paesino vicino ad un altro paesino vicino Tivoli. Se stringiamo l'inquadratura vicino alla base dei monti ed aguzziamo la vista potremmo scorgere una fitta nube di moscerini, mosche e zanzare che si contende lo spazio vicino ad un tavolo da giardino apparecchiato a festa con bottiglie di vino, birra e piatti di plastica. Intorno al tavolo io, Aurora, Raul Silvia e Luca (padrona di casa e figlio) consumiamo i quintali di carne che un sudato, ma soddisfatto, Alessandro cuoce su una pira vichinga che noi ci ostiniamo a chiamare grigliata.
La conversazione langue un po' occupati come siamo ad addentare salsicce, bistecche e pezzi fettine di pancetta arrostita.
Esatto pancetta.
L'aria di montagna da sempre mette appetito e sicuramente la lunga camminata che abbiamo intrapreso nel pomeriggio ha aiutato i nostri stomaci a svegliarsi. Zara, Crash e gli altri cani ronzano a turno intorno al tavolo per assicurarsi che ogni pezzo di carne abbia il proprio padrone e, nel caso, per occuparsi di eventuali orfanelli incustoditi.
Non ce ne sono.
Tra un morso e l'altro Alessandro emerge dalla nube di fumo e moschilli con un vassoio su cui sono posate delle fette di pancetta appena arrostite. Il grasso emana un odore paradisiaco. Zara fa un guaito di disperazione e si mette nella sua migliore posa da “Vedi come sono brava? Dammi della carne!” sottintendendo che se il mondo si rivelerà ingiusto come sempre dovrà provvedere di persona a risolvere il tutto. Noi la ignoriamo secondo le direttive.
Cinque forchette si incontrano nel piatto per prendere altrettante fette di pancetta. Zara fa un altro verso a metà tra un guaito di immensa sofferenza e un verso di sdegno incollerito. Di fronte a me Raul attacca la sua carne. I centimetri di barba rossiccia che si è fatto crescere si insudiciano di unto. Nessuno è ancora riuscito a fargli tagliare quel nido di merli per quanto amici, fidanzata e semplici passanti non facciano altro che sottolineare quanto stia male. Di fianco a me Aurora ragiona con Silvia di non ben precisati fatti da canari. Le ignoro mentre taglio la pancetta e il piatto di plastica sottostante. Poi l'idea: lo prendo per le mani e do un bel morso come il miglior cavernicolo dei tempi che furono.
Peccato solo che morda il lato della cotenna e sovrappensiero tiro tutto dentro. Mastico un po' e decido che non è cotenna ma solo qualche nervo da buttar giù.
Errore.
Qualcosa si blocca a metà gola. Colpo di tosse, altro colpo e mini conato. Raul e Aurora mi guardano con il punto interrogatovo accanto alla testa. Io faccio u gesto che significa “è tutto ok” mentre cerco di buttare giù.
Problema: non ho capito come è successo ma qualcosa si è incastrato. Non ne sono sicuro a causa della concitatezza del momento ma credo che la cotenna si sia attorcigliata all'ugola bloccando tutto. Si, esatto, sto soffocando come il peggio cretino.
Mimo il gesto della pacca sulla schiena. Aurora, di fianco a me, mi da due badilate in rapida successione. Non mi accorgo di niente.
“Stè tutto bene?” chiede Raul. Poi mi fissa e cambia espressione, sono rosso tendente al viola “qualcuno sa fare la manovra di... di... di coso?” chiede perplesso. Alessandro, nella sua nube di fumo si accorge di qualcosa e fa per avvicinarsi.
Intanto Aurora che mi ha fissato fin ora con un paio d'occhi come piattini da caffè prende l'iniziativa: si alza mi tiene ferma la testa e mi infila la mano in gola più o meno oltre il polso. Aurora, quella che quando deve togliere i suoi capelli dallo scarico della doccia fa dei versi orribili e quasi vomita. Aurora, quella che ha le mani con dita lunghe come quelle di ET. Aurora, quella che ha smesso di mangiarsi le unghie e ora ha degli artigli affilati coperti di smalto blu.
Nel frattempo il mio cervello si è accorto che non passa più aria. Quando quest'informazione si fa strada nella mia coscienza inizio ad agitarmi il fatto di avere la mano della mia migliore amica che tasta tutto quello che sta al di là dei denti del giudizio in cerca del blocco non aiuta.
Ho un conato, poi un altro ma mi trattengo perché è tutto bloccato. Le afferro il polso e mi agito. Lei mi fissa. Da qualche parte nel suo corredo genetico l'animo da dittatrice amazzone prende il sopravvento.
“STAI FERMO!” mi immobilizzo, avesse avuto il tempo di completare la frase avrebbe sicuramente aggiunto “l'unico modo in cui tu può morire oggi è che ti ammazzo io! Oppure “nessuno ti ha dato il permesso di morire”.
Sento due dita che scendono più in basso nella gola poi un leggero trafficare e, finalmente, la cotenna si sbroglia. Aurora tira fori tutto.
Respiro.
Il resto della cena va avanti con battute di ogni genere che mi fanno giustamente bersaglio. In fondo stavo per morire come un demente. Incasso tutto consapevole che il peggio arriverà poi. Perché, come nei film di guerra, ora devo la vita a qualcuno.

E non è mai bene avere un debito con Aurora.  

Tanto per dire, questo post l'ho dovuto scrivere sotto ordine della mia salvatrice.

Ah già, dimenticavo:
Questa è Zara in una delle sue tipiche pose da "dai, fa mangiare anche me"

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