domenica 9 giugno 2013

Il nemico sotto


Due settimane fa, nell'androne del palazzo, sudato fradicio per la corsa e zuppo per la pioggia da cui stavo scappando. È pomeriggio. Entro dentro e mi dirigo all'ascensore dove incontro un altro abitante di questo palazzone in cui ho l'onore di pagare l'affitto a nero. È un uomo dal lato sbagliato dei cinquanta, calvo con qualche accenno di ricrescita occhiali un pizzetto e le guance spruzzate di barba. Sembra Walter White di Breaking Bad ma più esile o una versione di me stesso più magra e con più sfighe. È cortese ma silenzioso, quella cortesia che ti aspetteresti dal conte Dracula.
-Buongiorno.-
-Buongiorno.-
-Posso?-
-Prego prego.- poggia la mano sul tastierino.
-A che piano va?-
-Sesto.-
-Io al quinto.- preme mentre mi osserva con curiosità.
-Lei sta nella casa... quella con gli studenti?-
-Ehm si.-
-Ah.- silenzio. Poi rittacca -Le posso chiedere una cortesia? Io abito sotto di voi e... non è che potreste fare un po' meno rumore?-
Nella privacy della mia mente maledico i Carlos con una serie di antichi anatemi.
Lui va a vanti per un po' e mi spiega: che hanno una persona che “non sta bene” in casa ed hanno bisogno di silenzio. Culo vuole che questa persona stia proprio sotto la stanza dei Carlos. Mi impegno a farlo presente a chi di dovere. Lui ringrazia io chiudo la porta e torno alla mia vita.
Spiego la cosa a casa, i due erasmus mi fissano e annuiscono lentamente mentre spiego con termini semplici: “sotto, malato, rumore no. Alzate quelle cazzo di sedie”.
Loro annuiscono convinti: “ok, no problema.”

la vita va avanti come al solito. Gente che va, gente che viene. Dovessi continuare a chiamarli tutti Carlos N° x la serie sarebbe arrivata a Carlos 12. da sotto nessun segnale. Poi scatta il contatore.
In un momento imprecisato del passato nel condominio hanno cambiato la chiave che da accesso al locale dei contatori (sapientemente piazzati in cantina così da permettere a tutti di farsi una bella passeggiata se manca la corrente). Cisco l'intrepido, dopo una rapida consultazione in spagnolo, decide di andare a bussare a tutte le case finché non otterrà quella chiave. Lo accompagno per scongiurare il disastro.
Per i primi due piani ho una dimostrazione di come sia davvero la vita condominiale: nessuno ci apre, due interpellati ci prendono persino per malintenzionati. Scendiamo al 5° piano bussiamo.
BZZZZ
-Chi è?- fa una voce roca.
Cisco mi fissa come a dire “sei tu l'indigeno qui” e ha ragione.
-Ehm, mi scusi signora. Siamo gli inquilini del piano di sopra. Ci è scattato il contatore non è che potrebbe prestarci la chiave per favore?-
silenzio.
-Andate via!-
-Ma...-
-Non vi conosco, andate via!-
-scusi signora c'è suo marito o suo figlio? Mi conosce ci siamo visti l'altro giorno in ascensore.-
-Chiamo la polizia eh!-
Il fatto che Cisco abbia subito afferrato il significato della parola la dice lunga sui suoi studi erasmus. Anche il mio istinto di ex fattone di Piazza del Gesù mi suggerisce che quando viene chiamata in causa la polizia è il caso di desistere.
Andiamo via. La faccenda del contatore si risolve poi tramite l'aiuto di due gentilissimo condomini del piano di sopra. Ma è un altra storia.
Delle due inquiline nuove nemmeno l'ombra. Potrebbero essere già morte.

Ce lo dice King, ce lo dice una tonnellata di filmografia horror. Il male vive sotto: nelle fogne, nelle grotte, nelle cantine e gli angoli bui. È lì sopito e attende solo di essere risvegliato da due poveri fessi che vogliono accedere al loro contatore.
Il male attende e vuole la tua sanità mentale.

Quattro giorni dopo. Quattro giorni che non prendo più l'ascensore perché devo trascinarmi la bicia a spalla fino a casa. No, non ci entra nell'ascensore. O meglio: ci entra ma poi non si aprono le porte. Ma il diavolo è nel dettagli e così preserverò le vostre anime risparmiandovi una descrizione accurata del problema.
Non ci entra e me la salgo a piedi per 6 piani di scale per paura che se la lascio giù se la fottono. Sono le 21 ansimante e boccheggiante mi fermo sul pianerottolo del 5 piano. Si, lo so, colpa mia. La bici mi sfugge di mano. Non cade a terra ma sbatte sulla ringhiera producendo la classica vibrazione. Nello stesso istante la porta del nemico si apre. Lui è in piedi sulla soglia. Il signor Bincospino (nome inventato per associazione di idee). Mi fissa come se avessi un neonato morto in ogni mano. Morto nel senso di “ucciso da me”.
-Non potrebbe cercare di fare meno baccano?-
-Mi scusi, mi è scivolata di mano.- indico col mento la bici.
-Faccia più attenzione, abbiamo bisogno di tranquillità qui. Buonasera.- chiede la porta, io faccio spallucce e completo la scalata.

Oggi. Sono fuori al balcone a godermi il sole mentre sul foglio word ho inanella to una serie positiva di ben 6 tavole (sarebbero 12 se contassi anche quelle cancellate) e un soggetto finto, di quelli che non sai a chi mandare ma che almeno lo tieni.
Nella stanza vicina Carlos 2 studia, dalla posa concentrata e lo sguardo terrorizzato si evince che si approssima un esame. Le ragazze stanno cucinando Carlos 1 vede telefilm, Cisco dorme.
Sono le 16:30

BZZZZZZZZZZZZZZBZZZZZZZ...BZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ!!!
La porta.
Che, come al solito, ignoro: sto scrivendo, mi sta andando bene e non mi scomoderò solo per un altro carico di Carlos. Ma non sono generici Carlos. L'avrei dovuto capire dalla bussata, dal contesto, dal male che ci sta per assalire.
Carlos 2 mi viene a chiamare si spiega a gesti e parole. Il succo è: noi non lo conosciamo se tu lo conosci bene se no noi non apriamo manco la porta.
Apro. Il tono di Biancospino è pacato, calmo, riflessivo. Gli occhi raccontano tutta un altra storia. La discussione va avanti per un po', il succo è: noi, sotto, casino, smettere, persona malata.
Io ribatto: scusa, cinque di pomeriggio, le cose vive fanno rumore, lo dico agli altri.

Quando mi giro però non c'è più nessuno: i Carlos e le ragazze si sono dileguati nel momento in cui si è aperta la porta lasciandomi da solo col mostro. Faccio il giro delle stanze portando la Buona Novella: “no rumore, sotto malata/moribonda, alzate le sedie e la prossima volto i cazzi sono i vostri”
in cambio ottengo una serie di “ok” e un “poverina”

Ora è l'una di notte. Sono fuori al balcone cercando di riprendere la serie positiva. Fa fresco, si sta bene e il caos di macchine che passano sulla Appia ha un effetto catalizzante sulle vignette. Le moto rombanti non mi lasciano assopire e per qualche strana benedizione le zanzare mi ignorano. Un numero imprecisato di Carlos (credo dal 1 al 5) gozzovigliano in cucina tra popcorn, lattine di birra e un innominabile mostruosità fritta.
Stanno facendo un casino d'inferno secondo la loro natura. Cisco accompagna con alcuni giri di chitarra.

Poi suonano alla porta. E, dovesse entrare il sig Biancospino con una motosega in mano io non mi muovo da qui.

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