C'è stato un tempo in cui il mondo era
più bello: c'erano le mezze stagioni, il problema principale era non
andare troppo male a scuola e l'obiettivo di noi tutti era provare ad
averla da ragazze che non avevano nessuna intenzione di darcela.
Le campagne di giochi di ruolo
procedevano con una regolarità religiosa con grande sgomento di mia
madre e mio padre. Quest'ultimo ancora si interrogava su quale errore
genetico fosse intervenuto per fare del suo primogenito un
rincoglionito perennemente con le testa fra le nuvole dotato di una
fantasia così fervida quanto scarsa era la sua manualità.
Me li immagino tutti e due a discutere
in ansia mentre io nella stanza accanto pittavo miniature e componevo
l'ennesimo mazzo di Magic. Non che non provasse a capire in quanto
sua convinzione è che ogni buon padre sappia, almeno per sommi capi,
le passioni della prole.
Alla fine concluse con un “almeno non
ti droghi”.
Rideva lui, ridevo io.
Per motivi molto diversi ma in sintesi
era sollievo.
Nessuno di noi due lo sapeva all'epoca.
Ma lui era lì.
In attesa
L'affermazione “almeno non ti droghi”
non era del tutto esatta. Avevamo cominciato tutti in seconda
superiore. Erba per lo più. Avevamo fatto degli esperimenti e ci era
piaciuto. Nelle prime settimane, presi dall'entusiasmo provammo a
fumare qualunque cosa che fosse di origine natura e arrotolabile in
una cartina nella speranza di trovare qualcosa con il medesimo
effetto. Nell'ordine provammo: basilico, origano, menta e
peperoncino.
E capimmo che era stata una pessima
idea.
Mentre noi tossivamo il peperoncino lui
era lì tra i CD in attesa.
Rideva.
In seguito la cosa crebbe a livello
esponenziale: una volta ogni tanto, ogni sabato sera, ogni volta che
ci vedevamo ecc ecc. con una semplice costante: Bob Marley. Non ho
mai ben capito quale fosse l'associazione di idee per cui se ti
facevi una canna dovevi avere un giamaicano che cantava nello stereo.
Sarà stato il messaggio di pace (che ignoravo), sarà che la musica
era rilassante (non per me) o che per quanto ci sforzavamo di fare
gli alternativi eravamo comunque vittima del marketing.
Resta che a me è sempre sembrato
stupido insospettire più del dovuto. Immaginate di essere un
carabiniere: state facendo il vostro giro quando passate vicino ad un
auto parcheggiata con dentro 4 ragazzi, Bob Marley che canta nello
stereo e una nube di fumo che manco la val padana.
È che cazzo, pare proprio che vuoi
farti fermare.
Ma noi eravamo occupati in altre
attività più importanti per notare questi dettagli. Principalmente
fare i filosofi e ragionare sul perché lo stato nemico pretendesse
che noi andassimo a lavorare per avere dei soldi. Oppure la guerra,
la fame nel mondo, nella mia fiat punto sono state pronunciate alcune
delle più indicibili cazzate che abbiano mai toccato l'aria. E non
penso che eravamo i peggiori.
Ma lui era lì, nello stereo.
Quando ci stufavamo di stare in
macchina in un angolo buio scendevamo in piazza del Gesù, da sempre
ritrovo dei punkabbestia partenopei, i suoi servi, le sue vittime. Ci
sedevamo su una fontana e fumavamo canne dicendo cazzate in mezzo ad
un mare di idioti intenti a fare la stessa cosa. In quella piazza ho
visto lo scarto dell'umanità. Gente che oramai non aveva più
rapporti con la sua intelligenza.
C'era un tipo che metteva nello stereo
della macchina canzoni dei Sud Sound System e le cantava a
squarciagola ballando sul posto. Convinto che tutte le ragazze
nell'area si bagnassero al solo vederlo.
C'erano delle tizie in piena fase lesbo
che venivano ad accoppiarsi languide con le compagne sui bordi della
fontana. Ubriache perse, fumate marce e con quell'atteggiamento di
chi in realtà si sta mettendo in mostra.
C'era un tipo che, in cambio di un
sorso di qualcosa di alcolico, si lanciava in un monologo accorato di
analisi politica e complottismo che ancora resta alla base del mio
manuale di traduzione Stefano-imbecilli.
C'era un piccione morto nella fontana.
Ogni volta uno diverso.
E c'era una perenne puzza di sapone mai
usato.
Ma c'era anche lui, nascosto da qualche
parte: una spilla, una maglietta la copertina di un CD.
E ci fissava.
Le serate a volte sembravano non finire
mai. Certe volte organizzavamo un poker dove oltre alle abilità
richiesta dal gioco era richiesta una strenua resistenza per rimanere
concentrati su quello che succedeva. Non era raro che qualcuno
continuasse testardamente a giocare con un punto immaginario. A volte
vinceva pure vantandosi dell'ottimo bluff che aveva fatto.
Altre volte dopo “essere stati in
giro” verso le 3 accompagnavamo la gente a casa. Era quasi un
obbligo morale l'ultima canna di saluto. Il problema principale è
che a quel punto eravamo così pieni di cazzate che il dibattito si
riaccendeva nello stesso istante in cui si tirava fuori il tritaerba.
Un nostro amico aveva l'esasperante tendenza a non tener mai chiusa
la bocca, cosa che poi gli impediva di leccare la cartina. Quando
finalmente l'ultima canna era pronta ci voleva un'altra mezzora per
fumarla.
E nello stereo c'era sempre lui,Bob
Marley. Cantava No woman, no cry
ed io, non capendo il testo (o intuendo qualcosa), immaginavo che Bob
era un marito violento che menava la moglie e poi la minacciava di
batterla ancora se non la smetteva di frignare.
Bobby
Malley, come lo chiamavamo noi nella fattanza. Il gemello malvagio e
perfido del povero Bob. Con una faccia simpatica che nasconde un
sorriso crudele, rasta come serpenti. Bobby Malley è l'equivalente
di It. Bobby sta arrivando con le sue canzoni sbiascicate, la puzza
d'erba e i suoi discorsi pesanti sulla fame nel mondo e su come sono
oppressivi i poliziotti che non vogliono farti fumare le canne.
Non è
la droga che uccide. È Bobby Malley che ti fa centrare un palo della
luce mentre cerchi di trovare la canzone giusta tra le 500 della
sfigo-playlist.
Non è
la droga che ti intorpidisce il cervello davanti allo sbirrume che ti
ferma tutto fatto alle 4 del mattino. É Bobby Malley che continua a
blaterare confondendoti le idee.
Non è
la droga che non ti fa rizzare il cazzo tanta la pressione che si è
abbassata. É Bobby Malley che ti mostra le foto di tua nonna
coprendoti la visuale sull'unica punkabbesta tosta dell'emisfero.
Non è
il sistema che ti esclude dal mondo del lavoro, non è il signoraggio
che ti togli dalla sacca i soldi, non sono gli alieni a rapirti la
notte, non sono i cellerini che ti menano, non sono io e i miei amici
idioti che abbiamo deciso di stonarci a tal punto da non fottercene
più.
È
Bobby Malley. Non è consolante così? È lui che ha convinto il tuo
cervello bacato che in fare il giocoliere giù piazza Dante è
un'ottima idea.
Ti
ucciderà. Non con quelle cazzate da pubblicità progresso e nemmeno
con incredibili effetti speciali alla Final destination.
No,
lui è più subdolo, ti ammazzerà un po' alla volta. Di noia.
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