Roma, casa di Sara. Per la
precisione la cucina. Lei sta armeggiando con i fornelli mentre sul
tavolo Sofia fissa i quaderni dei compiti con l'aria di chi sta
pianificando un evasione. Il televisore (presente solo per esigenze
narrative visto che nella cucina originale è assente) trasmette un
telegiornale a caso che Sara utilizza come “musica d'appartamento”
mentre cerca di affrontare i piatti sporchi e tutto il resto.
L'annunciatore parla di un colpo di
stato “bianco” in Ungheria. Il piatto che Sara si era finalmente
decisa a lavare le scappa di mano. La telecamera si stringe in un
rallenty del piatto che si sfracella per poi passare al viso
sconvolto di Sara. Sofia osserva la scena e coglie l'occasione per
far sparire una delle due pagine di assegno. Sara afferra il telefono
e contatta Aurora.
-Lo sapevo io! Hanno fatto un colpo
di stato in Ungheria!-
-Cosa?- risponde una scettica Aurora
dall'altro capo.
-Il colpo di stato! Il golpe! Leggi
restrittive, stato di polizia. Aspettavano giusto a noi!- continua
Sara concitata.
-Ma sei sicura? Non è che stai
esagerando un po'- la frase corretta è “non è che ti sei
addormentata con a tv accesa e hai sognato la terza guerra mondiale?”
-Si, Aurò sta al telegiornale!
“golpe bianco”!- pausa -Uh mamma mia! C'abbiamo anche dietro
l'ebreo!-
la conversazione procede per un po'
cercando di far coincidere due realtà: da un lato la dittatura
militare con i camion che deportano i dissidenti, dall'altra
l'opposizione che grida al colpo di stato per ogni legge che vota la
maggioranza (vedi gli ultimi anni di governo Berlusconi).
Si troverà un punto mediamo per poi
accantonare la questione in un angolino impolverato.
19 Marzo, Budapest.
Per la precisione un Kebabbaro vicino casa a cui è stato dato
incarico di nutrirci dopo la faticosissima giornata al castello. Il
piano era semplice: prendere del cibo, portarlo a casa e consumarlo.
Ma il piano non aveva considerato una cosa. me.
Mentre Sara e
Aurora stanno ancora decidendo quale “insalata” prendere io mi
diirgo al banco prendo un kebab e con tutta la sicurezza di chi non
ha capito un cazzo mi vado a sedere ad un tavolino azzannando il
meritato pasto. Al che gli altri, dopo avermi abbondantemente
redarguito, decidono di consumare l'etnico pasto insieme a me al
tavolo.
Alle nostre spalle
un tizio rubicondo, pelato e con un felpone arancione si interessa
per un po' a noi. Ci fissa per un po' poi inizia a parlare con noi.
La conversazione si tiene in un misto di inglese e italiano
smangiucchiato con Sara girata a 3/4 per fare l'interprete e Aurora
che segue cercado di afferrare i concetti intraducibili. Apprendiamo
le seguenti cose:
-lui è un gipsy.
-Gli ungheresi sono
gente fredda che se li guardi negli occhi fanno finta che non esisti
e tirano dritto, non come gli italiani brava gente pizza mandolino e
sole che subito ti danno corda.
-lui suona il
violino, gli piace tantissimo il Gladiatore e ama l'Italia.
-il padrone del
kebabbaro non vede di buon occhio questa conversazione e osserva il
nostro nuovo amico con un'espressione che può significare solo
qualcosa tipo “eccolo che ricomincia”
-Il presidente
ungherese è uno stronzo, i poliziotti sono degli stronzi e un po'
tutti sono corrotti e ce l'hanno coi gipsy.
-noi ci sentiamo un
po' a casa.
-il proprietario fa
gesti eloquenti verso il nostro amico facendo capire che la
conversazione sulla politica non è cosa gradita e ha rotto il cazzo.
-cambiamo
argomento. Il tizio pare anche una persona simpatica: suona in un
locale, gli piace conoscere gente e via così. Tutto bene finché non
ci spiega la sua personale interpretazione dei tempi moderni
utilizzando come chiave di lettura l'apocalisse di Giovanni.
Scendendo abbastanza nei dettagli.
-A questo punto noi
decidiamo che è il caso di andare mentre il nostro amico ci spiega
come Dio vegli su di lui e noi iniziamo a sospettare che voglia
sacrificarci alla maggior gloria del suo clan agli occhi di Dio.
Usciamo, Sara mi fa
tenere la reflex al collo perché mettersela lei vorrebbe dire
fermarsi. L'amico ci saluta con calorose strette di mano informandoci
che lui stasera suona in un locale
noi: “ahh bello!
E dove che magari passiamo” [trad: non ci rivedrai mai più addio]
lui: “ecco qui
mio contatto facebook, mia mail, mio cellulare. Voi mi chiamate e
vango a prendervi in limosine con l mia ragazza e vi porto al locale
[trad: chiamatevi che vi vengo a prendere e nel migliore dei casi vi
porto a spasso per night e poi vi chiedo 500 euri di conto
“animazione”].
Noi: “si ok ci
sentiamo stasera! Ciao!” [trad: addio per sempre.
Scappiamo verso
casa a passo svelto di chi ha la sgradevole sensazione che qualcuno
ci stia seguendo. Evidentemente siamo paranoici ma capiteci, la tomba
di Dracula è ancora nel cervello.
La sera andiamo in
un altro pub in rovina: secondo la guida il secondo classificato per
importanza. Il posto è stupendo, un centro sociale senza tutti
quegli stramaledetti comunisti. Beviamo un po' facciamo qualche
scenetta ridicola. Sara scambia dei pugliesi ubriachi per russi e poi
torniamo a casa nella tranquillità facendo una leggera sosta da mc
donald. Mancano meno di ventiquattro ore al rientro.
Ma in compenso conosciamo Helena Bonham Carter
Altrove
-Pagace! Pagace!
Pagace la troia!- una limosine si avvicina al gruppo semi ubriaco. Lo
sportello posteriore si apre rivelando belle gambe di una donnina con
abiti succinti (e che deve sentire molto freddo a giudicare dai
capezzoli). Il capo comitiva sorride e accetta l'invito della
giovinetta infilandosi in auto con alcuni amici.
Quelli un po' più
lucidi esitano un istante. Il finestrino del guidatore si apre
l'omone in felpa arancione si sporge sorridendo, un sorriso da
squalo, batte la mano sulla portiera
-Venite amici:
fica, musica, tette grosse!- gli altri salgono.
La macchina
sfreccia per Budapest, i ragazzi dentro sono troppo distratti dalla
compagnia femminile per osservare il paesaggio ma non importa. I
vetri scuri non gli farebbero comunque notare che stanno lasciando il
centro verso la zona industriale e i capannoni abbandonati.
Gneeeek!
Sara apre gli occhi confusa. Forse
ha sognato qualcosa ma la sensazione di pericolo imminente è ancora
lì come se l'incubo fosse riuscito a seguirla fin lì. Si guarda
intorno al chiarore della finestra che, ringraziando Dio, non ha una
tapparella. Stefano dorme accanto a lei, non riesce a far a meno di
pensare ad un cadavere così riverso a faccia in giù sotto le
coperte. Sull'altro letto Aurora ed Alessandro sono uno addossato
all'altra lasciando vuoti buoni 3/4 del matrimoniale . Alessandro ha
smesso di russare lasciando nella casa il silenzio più assoluto.
Gneeek!
Sara ha un mezzo sobbalzo, se prima
era ancora intontita ora è sveglia come se si fosse tuffata nel
caffè bollente. Non si muove tendendo l'orecchio. Niente ma quel
tipo di niente che promette assassini seriali e cose uscite da un
racconto di Lovecraft dimenticandosi di essere solo frutto
dell'immaginazione. Sara resta immobile ben decisa a non muoversi.
Potrebbe andare a vedere ma anni di film horror le suggeriscono che è
una pessima idea. Resta lì tendendo l'orecchio.
Questa volta lo scricchiolio non
arriva.
La stufa a gas ai piedi del letto
produce strani rumori. Sara non ne è sicura, probabilmente si sta
impressionando, ma il suono della fiamma ricorda un basso mormorio.
Qualcosa che cresce allontanandosi dalla stufa. Ora è in soggiorno,
ora è vicino alla finestra. Poi scompare.
Gneeek! Gneeek! Criiik!
TUMP!
È il pavimento del soggiorno. Sara
pensa per un attimo di svegliare tutti a cominciare dallo zotico con
cui si è trovata costretta a dividere il letto. Allunga leggermente
una mano poi si blocca davanti all'immagine mentale di uno Stefano
morto che si ribalta nel letto. I rumori di la finiscono di butto.
Sara si tira a sedere nel letto guardando con la coda dell'occhio il
buio oltre la porta.
TUMP! Viene dal bagno.
Sara decide che a costo di farsela
addosso non si muoverà da lì. Soprattutto adesso. Quasi sobbalza
quando Alessandro riprende a russare come uno shuttle in fase di
decollo. Quel suono che ha imparato a riconoscere come familiare in
questi giorni la tranquillizza quel tanto che basta da farle passare
la tachicardia. Di là arriva ancora qualche occasionale rumore. Sara
resta immobile, con gli occhi aperti pregando per addormentarsi.
Mancano ancora molte ore all'alba.
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