martedì 9 aprile 2013

Un nuovo amico (Budapest 8)


Roma, casa di Sara. Per la precisione la cucina. Lei sta armeggiando con i fornelli mentre sul tavolo Sofia fissa i quaderni dei compiti con l'aria di chi sta pianificando un evasione. Il televisore (presente solo per esigenze narrative visto che nella cucina originale è assente) trasmette un telegiornale a caso che Sara utilizza come “musica d'appartamento” mentre cerca di affrontare i piatti sporchi e tutto il resto.
L'annunciatore parla di un colpo di stato “bianco” in Ungheria. Il piatto che Sara si era finalmente decisa a lavare le scappa di mano. La telecamera si stringe in un rallenty del piatto che si sfracella per poi passare al viso sconvolto di Sara. Sofia osserva la scena e coglie l'occasione per far sparire una delle due pagine di assegno. Sara afferra il telefono e contatta Aurora.
-Lo sapevo io! Hanno fatto un colpo di stato in Ungheria!-
-Cosa?- risponde una scettica Aurora dall'altro capo.
-Il colpo di stato! Il golpe! Leggi restrittive, stato di polizia. Aspettavano giusto a noi!- continua Sara concitata.
-Ma sei sicura? Non è che stai esagerando un po'- la frase corretta è “non è che ti sei addormentata con a tv accesa e hai sognato la terza guerra mondiale?”
-Si, Aurò sta al telegiornale! “golpe bianco”!- pausa -Uh mamma mia! C'abbiamo anche dietro l'ebreo!-
la conversazione procede per un po' cercando di far coincidere due realtà: da un lato la dittatura militare con i camion che deportano i dissidenti, dall'altra l'opposizione che grida al colpo di stato per ogni legge che vota la maggioranza (vedi gli ultimi anni di governo Berlusconi).
Si troverà un punto mediamo per poi accantonare la questione in un angolino impolverato.

19 Marzo, Budapest. Per la precisione un Kebabbaro vicino casa a cui è stato dato incarico di nutrirci dopo la faticosissima giornata al castello. Il piano era semplice: prendere del cibo, portarlo a casa e consumarlo. Ma il piano non aveva considerato una cosa. me.
Mentre Sara e Aurora stanno ancora decidendo quale “insalata” prendere io mi diirgo al banco prendo un kebab e con tutta la sicurezza di chi non ha capito un cazzo mi vado a sedere ad un tavolino azzannando il meritato pasto. Al che gli altri, dopo avermi abbondantemente redarguito, decidono di consumare l'etnico pasto insieme a me al tavolo.
Alle nostre spalle un tizio rubicondo, pelato e con un felpone arancione si interessa per un po' a noi. Ci fissa per un po' poi inizia a parlare con noi. La conversazione si tiene in un misto di inglese e italiano smangiucchiato con Sara girata a 3/4 per fare l'interprete e Aurora che segue cercado di afferrare i concetti intraducibili. Apprendiamo le seguenti cose:
-lui è un gipsy.
-Gli ungheresi sono gente fredda che se li guardi negli occhi fanno finta che non esisti e tirano dritto, non come gli italiani brava gente pizza mandolino e sole che subito ti danno corda.
-lui suona il violino, gli piace tantissimo il Gladiatore e ama l'Italia.
-il padrone del kebabbaro non vede di buon occhio questa conversazione e osserva il nostro nuovo amico con un'espressione che può significare solo qualcosa tipo “eccolo che ricomincia”
-Il presidente ungherese è uno stronzo, i poliziotti sono degli stronzi e un po' tutti sono corrotti e ce l'hanno coi gipsy.
-noi ci sentiamo un po' a casa.
-il proprietario fa gesti eloquenti verso il nostro amico facendo capire che la conversazione sulla politica non è cosa gradita e ha rotto il cazzo.
-cambiamo argomento. Il tizio pare anche una persona simpatica: suona in un locale, gli piace conoscere gente e via così. Tutto bene finché non ci spiega la sua personale interpretazione dei tempi moderni utilizzando come chiave di lettura l'apocalisse di Giovanni. Scendendo abbastanza nei dettagli.
-A questo punto noi decidiamo che è il caso di andare mentre il nostro amico ci spiega come Dio vegli su di lui e noi iniziamo a sospettare che voglia sacrificarci alla maggior gloria del suo clan agli occhi di Dio.
Usciamo, Sara mi fa tenere la reflex al collo perché mettersela lei vorrebbe dire fermarsi. L'amico ci saluta con calorose strette di mano informandoci che lui stasera suona in un locale
noi: “ahh bello! E dove che magari passiamo” [trad: non ci rivedrai mai più addio]
lui: “ecco qui mio contatto facebook, mia mail, mio cellulare. Voi mi chiamate e vango a prendervi in limosine con l mia ragazza e vi porto al locale [trad: chiamatevi che vi vengo a prendere e nel migliore dei casi vi porto a spasso per night e poi vi chiedo 500 euri di conto “animazione”].
Noi: “si ok ci sentiamo stasera! Ciao!” [trad: addio per sempre.
Scappiamo verso casa a passo svelto di chi ha la sgradevole sensazione che qualcuno ci stia seguendo. Evidentemente siamo paranoici ma capiteci, la tomba di Dracula è ancora nel cervello.


La sera andiamo in un altro pub in rovina: secondo la guida il secondo classificato per importanza. Il posto è stupendo, un centro sociale senza tutti quegli stramaledetti comunisti. Beviamo un po' facciamo qualche scenetta ridicola. Sara scambia dei pugliesi ubriachi per russi e poi torniamo a casa nella tranquillità facendo una leggera sosta da mc donald. Mancano meno di ventiquattro ore al rientro.
Ma in compenso conosciamo Helena Bonham Carter

Altrove
-Pagace! Pagace! Pagace la troia!- una limosine si avvicina al gruppo semi ubriaco. Lo sportello posteriore si apre rivelando belle gambe di una donnina con abiti succinti (e che deve sentire molto freddo a giudicare dai capezzoli). Il capo comitiva sorride e accetta l'invito della giovinetta infilandosi in auto con alcuni amici.
Quelli un po' più lucidi esitano un istante. Il finestrino del guidatore si apre l'omone in felpa arancione si sporge sorridendo, un sorriso da squalo, batte la mano sulla portiera
-Venite amici: fica, musica, tette grosse!- gli altri salgono.
La macchina sfreccia per Budapest, i ragazzi dentro sono troppo distratti dalla compagnia femminile per osservare il paesaggio ma non importa. I vetri scuri non gli farebbero comunque notare che stanno lasciando il centro verso la zona industriale e i capannoni abbandonati.

Gneeeek!
Sara apre gli occhi confusa. Forse ha sognato qualcosa ma la sensazione di pericolo imminente è ancora lì come se l'incubo fosse riuscito a seguirla fin lì. Si guarda intorno al chiarore della finestra che, ringraziando Dio, non ha una tapparella. Stefano dorme accanto a lei, non riesce a far a meno di pensare ad un cadavere così riverso a faccia in giù sotto le coperte. Sull'altro letto Aurora ed Alessandro sono uno addossato all'altra lasciando vuoti buoni 3/4 del matrimoniale . Alessandro ha smesso di russare lasciando nella casa il silenzio più assoluto.
Gneeek!
Sara ha un mezzo sobbalzo, se prima era ancora intontita ora è sveglia come se si fosse tuffata nel caffè bollente. Non si muove tendendo l'orecchio. Niente ma quel tipo di niente che promette assassini seriali e cose uscite da un racconto di Lovecraft dimenticandosi di essere solo frutto dell'immaginazione. Sara resta immobile ben decisa a non muoversi. Potrebbe andare a vedere ma anni di film horror le suggeriscono che è una pessima idea. Resta lì tendendo l'orecchio.
Questa volta lo scricchiolio non arriva.
La stufa a gas ai piedi del letto produce strani rumori. Sara non ne è sicura, probabilmente si sta impressionando, ma il suono della fiamma ricorda un basso mormorio. Qualcosa che cresce allontanandosi dalla stufa. Ora è in soggiorno, ora è vicino alla finestra. Poi scompare.
Gneeek! Gneeek! Criiik!
TUMP!
È il pavimento del soggiorno. Sara pensa per un attimo di svegliare tutti a cominciare dallo zotico con cui si è trovata costretta a dividere il letto. Allunga leggermente una mano poi si blocca davanti all'immagine mentale di uno Stefano morto che si ribalta nel letto. I rumori di la finiscono di butto. Sara si tira a sedere nel letto guardando con la coda dell'occhio il buio oltre la porta.
TUMP! Viene dal bagno.
Sara decide che a costo di farsela addosso non si muoverà da lì. Soprattutto adesso. Quasi sobbalza quando Alessandro riprende a russare come uno shuttle in fase di decollo. Quel suono che ha imparato a riconoscere come familiare in questi giorni la tranquillizza quel tanto che basta da farle passare la tachicardia. Di là arriva ancora qualche occasionale rumore. Sara resta immobile, con gli occhi aperti pregando per addormentarsi.
Mancano ancora molte ore all'alba.

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