martedì 26 marzo 2013

los burrito della muerte (Budapest 3)



piccoli frammenti a cavallo tra il 16 e il 17 di marzo
Torniamo indietro. Siamo a casa, di sabato, cercando di riprenderci e decidendo sul da farsi. Si è appena arrivati alla conclusione che il Cinetrip è una roba troppo impegnativa e si è deciso per una più tranquilla serata termale standard.
 Non ricordo come è nata la cosa ma ognuno ha iniziato a farsi i conti suoi soldi rimasti perché per tutti la spesa percepita della giornata è abnorme. Tipo Alessandro, conti alla mano, sostiene che se ne siano andati circa 60 euro. Non sapremo mai se i conti sono esatti o no ma fatto sta che io Aurora ed Alessandro notiamo una terribile penuria di fiorini all'interno dei nostri portafogli.
E non abbiamo idea di come essi siano spariti.
Sara, dalla sua, continua a dire che lei ha ancora un sacco di soldi cosa che la rende sospettata di furto o almeno di far cresta nelle divisioni (ovviamente per scherzo). A me sono rimasti 15000 fiorini: parenti stretti a 50 euro. Davvero, davvero troppo poco. È una mezza catastrofe perché a questo ritmo rimarremo tutti senza un soldo entro uno o due giorni. Si decide per una soluzione radicale (applicata poi solo quella sera).
Austerity modello Merkel.
Basta magiare in ristoranti tipici e cazzi vari: fast food! Ecco cosa ci vuole. Quello e magari un bancomat per rimpolpare le finanze (a danno dei soldi dell'affitto, ma questa è un altra storia).
Scendiamo in strada diretti alle terme decidendo prima di ingozzarsi qualcosa a volo. Secondo il principio del “per me è uguale” che affligge ogni tipo di decisione di gruppo da secoli finiamo dentro un fast food produttore di burriti.
Sara va al banco, indica interagisce e parla in inglese procurandosi il cibo come una vera cittadina del mondo. Io Alessandro e Aurora (ancora intenti a osservare il banco dubbiosi) ci troviamo a far la nostra ordinazione con una ragazza che parla inglese fluente. È importante sapere che: Aurora capisce l'inglese ma si vergogna a parlarlo, io lo capisco ma ho una pronuncia oscena ed Alessandro sta a zero.
-Can i Help you?- fa la tipa. Noi ci guardiamo spauriti. Dalle retrovie Aurora indica una figura 
-Burrito.- io ed Ale annuiamo con vigore.
-three burrito?-
-yes- Annuiamo ancora.
La tipa prende tre piadine le dispone sul banco e poi chiede qualcosa indicando le varie vaschette con ingredienti non meglio identificati. Credo voglia dire “come li volete?” Stavolta indicare non sembra servire a nulla, lei non capisce o non vuol capire (o ci sta perculando).
-make a classic burrito.- dico ma evidentemente il prodotto finale suona malissimo. Lei ci fissa interdetta. Forse le ho detto “ti uccido il cane” in una lingua ignota.. Alessandro riconosce il pollo e riesce a farlo inserire negli ingredienti. Ci mettiamo un po' ma alla fine nasce qualcosa di vagamente commestibile. Senza alcune richiesta ufficiale la tipa aggiunge generose cucchiaiate di salsa piccante e consegna sorridente.
È il primo burrito che mangio nella mia vita per cui non posso dare giudizi facendo paragoni. Sara continua a giurare che “non era poi così brutto” ma Sara si farebbe tagliare entrambe le braccia pur di non ammettere un errore di valutazione. Il parere grosso modo unanime di noi tre ignoranti è che quel burrito rientra nella top three delle cose più orribili mai mangiate.
Una volta finito un Alessandro meditabondo dichiara: -Amò appena torniamo a Roma voglio prendere lezioni di inglese.- per lui è folle non riuscire a interagire a parole.

Domenica 17 marzo
la sveglia di Ale suona ancora alle 5 del mattino. Nessuno si muove. Credo che dopo un po' abbia spenta ma io apro ufficialmente gli occhi alle 9. caffè, sveglia, igiene personale. Aurora e Sara sono persone disel, nel tempo che loro ci mettono ad avviare i motori io ed Ale scendiamo in cerca di un bar dove Alessandro possa omaggiare i suoi dei con il rito della colazione al bar. Ci fermiamo a California Caffè, un simil Starbucks.
-Hello!- sorriso smagliante, moretta, carina.
-Good morning- borbottiamo incerti.
-Can i help you?- dice lei.
Fissiamo il banco con aria scientifica.
-We look.- dico io mentre muovo una mano come a dire “in giro”. Lei sorride, non ha ben capito ma evidentemente siamo un po' comici.
-One coffè- si lancia Alessandro
-What size?- sguardi perplessi. Ale prende coraggio e con due dita fa il gesto di qualcosa di piccolo. Lei capisce: un ristretto.
-And one muffin.-
paghiamo mangiamo e torniamo a casa. Alessandro si sente un eroe dei tempi moderni. Ce l'ha fatta! L'hanno capito. Trionfo.

Torniamo a casa e ci mettiamo poco a scendere. Obbiettivo: museo nazionale e parco municipale. In metropolitana nasce una delle costanti che ci accompagnerà per tutto il viaggio: il biglietto di Sara. Ogni controllore ha la sua particolare interpretazione dell'uso di un biglietto da 72 ore: "lo devi marcare ogni volta", "non lo devi mai marcare", “e perché lo hai marcato?”, “è scaduto” e sia discorrendo. Ogni volta che prendiamo la metro qualcuno fermerà Sara convinto che sia una pericolosa terrorista.
Arriviamo al parco municipale in metro (è sempre quel Piazzale degli Eroi dove siamo stati il giorno prima). Lì le donne subiscono l'antico fascino delle bancarelle. Con la scusa che fa freddo Sara e Aurora comprano da un antico stregone ungherese dei cappelli.
Questi

ci raccomanda di non dargli da mangiare dopo mezzanotte e di non bagnarli. Nella foto non è chiaro ma hanno anche due simpatiche orecchie sulla parte alta.

Ci vuole un po' per uscire dalla zone delle bancarelle e dirigerci al museo. Lì, secondo la legge di Sara dell'Ognuno per sé, ci separiamo perdendo una buona metà del tempo totale della visita al museo a riunirci. Sono quasi le tre bisogna decidere che fare.
Sara vuole andare alle terme Taldeitali che sono proprio belle ecc ecc. io decido di passare per motivi economici: sono venti euri e un po' mi scoccio pure, voglio andare in giro. Aurora anche declina l'offerta: non sono pratico di biologia femminile ma pare che stare tre ore a mollo nell'acqua calda non abbia fatto tutto sto bene al suo problema. Anche Alessandro passa la mano. Sara non demorde e decide di andare da sola.
Ci separiamo all'uscita dal museo: Sara diretta alle terme e noi tre a bighellonare per la città. Tappa da Burger King e poi vagabondaggio su una strada piena di negozi. È difficile fare più di tre passi di fila visto che i suddetti negozi sono distribuiti nel seguente ordine: uno che interessa Aurora, uno che interessa Ale e uno che interessa a me. Perdiamo un po' di tempo, prendiamo dei caffè lunghi modello bibitone e ci dirigiamo a casa.
La luce dentro è accesa, l'inferiata è aperta, la porta non è chiusa a chiave. All'interno Sara è stesa a quattro di bastoni sul letto. Dorme o almeno dormiva.
-Sara e le terme?-
-uuu grunf... sonno, stanca.... dopo.-
la rivedremo verso le otto e mezza nove  quando si riprenderà dal letargo.

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