piccoli frammenti a cavallo tra il
16 e il 17 di marzo
Torniamo indietro.
Siamo a casa, di sabato, cercando di riprenderci e decidendo sul da
farsi. Si è appena arrivati alla conclusione che il Cinetrip è una
roba troppo impegnativa e si è deciso per una più tranquilla serata
termale standard.
Non ricordo come è nata la cosa ma ognuno ha
iniziato a farsi i conti suoi soldi rimasti perché per tutti la
spesa percepita della giornata è abnorme. Tipo Alessandro, conti alla
mano, sostiene che se ne siano andati circa 60 euro. Non sapremo mai
se i conti sono esatti o no ma fatto sta che io Aurora ed Alessandro
notiamo una terribile penuria di fiorini all'interno dei nostri
portafogli.
E non abbiamo idea
di come essi siano spariti.
Sara, dalla sua,
continua a dire che lei ha ancora un sacco di soldi cosa che la rende
sospettata di furto o almeno di far cresta nelle divisioni (ovviamente per
scherzo). A me sono rimasti 15000 fiorini: parenti stretti a 50 euro.
Davvero, davvero troppo poco. È una mezza catastrofe perché a
questo ritmo rimarremo tutti senza un soldo entro uno o due giorni.
Si decide per una soluzione radicale (applicata poi solo quella
sera).
Austerity modello
Merkel.
Basta magiare in
ristoranti tipici e cazzi vari: fast food! Ecco cosa ci vuole. Quello
e magari un bancomat per rimpolpare le finanze (a danno dei soldi
dell'affitto, ma questa è un altra storia).
Scendiamo in strada
diretti alle terme decidendo prima di ingozzarsi qualcosa a volo.
Secondo il principio del “per me è uguale” che affligge ogni
tipo di decisione di gruppo da secoli finiamo dentro un fast food
produttore di burriti.
Sara va al banco,
indica interagisce e parla in inglese procurandosi il cibo come una
vera cittadina del mondo. Io Alessandro e Aurora (ancora intenti a osservare il banco dubbiosi) ci
troviamo a far la nostra ordinazione con una ragazza che parla
inglese fluente. È importante sapere che: Aurora capisce l'inglese
ma si vergogna a parlarlo, io lo capisco ma ho una pronuncia oscena
ed Alessandro sta a zero.
-Can i Help you?-
fa la tipa. Noi ci guardiamo spauriti. Dalle retrovie Aurora indica una figura
-Burrito.- io
ed Ale annuiamo con vigore.
-three burrito?-
-yes- Annuiamo
ancora.
La tipa prende tre
piadine le dispone sul banco e poi chiede qualcosa indicando le varie
vaschette con ingredienti non meglio identificati. Credo voglia dire
“come li volete?” Stavolta indicare non sembra servire a nulla,
lei non capisce o non vuol capire (o ci sta perculando).
-make a classic
burrito.- dico ma evidentemente il prodotto finale suona malissimo.
Lei ci fissa interdetta. Forse le ho detto “ti uccido il cane” in
una lingua ignota.. Alessandro riconosce il pollo e riesce a farlo
inserire negli ingredienti. Ci mettiamo un po' ma alla fine nasce
qualcosa di vagamente commestibile. Senza alcune richiesta ufficiale
la tipa aggiunge generose cucchiaiate di salsa piccante e consegna
sorridente.
È il primo burrito
che mangio nella mia vita per cui non posso dare giudizi facendo
paragoni. Sara continua a giurare che “non era poi così brutto”
ma Sara si farebbe tagliare entrambe le braccia pur di non ammettere
un errore di valutazione. Il parere grosso modo unanime di noi tre
ignoranti è che quel burrito rientra nella top three delle cose più
orribili mai mangiate.
Una volta finito un Alessandro meditabondo dichiara: -Amò appena torniamo a
Roma voglio prendere lezioni di inglese.- per lui è folle non
riuscire a interagire a parole.
Domenica 17
marzo
la sveglia di Ale
suona ancora alle 5 del mattino. Nessuno si muove. Credo che dopo un
po' abbia spenta ma io apro ufficialmente gli occhi alle 9. caffè,
sveglia, igiene personale. Aurora e Sara sono persone disel, nel
tempo che loro ci mettono ad avviare i motori io ed Ale scendiamo in
cerca di un bar dove Alessandro possa omaggiare i suoi dei con il
rito della colazione al bar. Ci fermiamo a California Caffè, un
simil Starbucks.
-Hello!- sorriso
smagliante, moretta, carina.
-Good morning-
borbottiamo incerti.
-Can i help you?-
dice lei.
Fissiamo il banco
con aria scientifica.
-We look.- dico io
mentre muovo una mano come a dire “in giro”. Lei sorride, non ha
ben capito ma evidentemente siamo un po' comici.
-One coffè- si
lancia Alessandro
-What size?-
sguardi perplessi. Ale prende coraggio e con due dita fa il gesto di qualcosa di piccolo. Lei capisce: un ristretto.
-And one muffin.-
paghiamo mangiamo e
torniamo a casa. Alessandro si sente un eroe dei tempi moderni. Ce
l'ha fatta! L'hanno capito. Trionfo.
Torniamo a casa e
ci mettiamo poco a scendere. Obbiettivo: museo nazionale e parco
municipale. In metropolitana nasce una delle costanti che ci
accompagnerà per tutto il viaggio: il biglietto di Sara. Ogni
controllore ha la sua particolare interpretazione dell'uso di un
biglietto da 72 ore: "lo devi marcare ogni volta", "non lo devi mai
marcare", “e perché lo hai marcato?”, “è scaduto” e sia
discorrendo. Ogni volta che prendiamo la metro qualcuno fermerà Sara
convinto che sia una pericolosa terrorista.
Arriviamo al parco
municipale in metro (è sempre quel Piazzale degli Eroi dove siamo
stati il giorno prima). Lì le donne subiscono l'antico fascino delle
bancarelle. Con la scusa che fa freddo Sara e Aurora comprano da un
antico stregone ungherese dei cappelli.
Questi
ci raccomanda di non
dargli da mangiare dopo mezzanotte e di non bagnarli. Nella foto non
è chiaro ma hanno anche due simpatiche orecchie sulla parte alta.
Ci vuole
un po' per uscire dalla zone delle bancarelle e dirigerci al museo.
Lì, secondo la legge di Sara dell'Ognuno per sé, ci separiamo
perdendo una buona metà del tempo totale della visita al museo a
riunirci. Sono quasi le tre bisogna decidere che fare.
Sara
vuole andare alle terme Taldeitali che sono proprio belle ecc ecc. io
decido di passare per motivi economici: sono venti euri e un po' mi
scoccio pure, voglio andare in giro. Aurora anche declina l'offerta: non sono pratico di
biologia femminile ma pare che stare tre ore a mollo nell'acqua calda
non abbia fatto tutto sto bene al suo problema. Anche Alessandro
passa la mano. Sara non demorde e decide di andare da sola.
Ci
separiamo all'uscita dal museo: Sara diretta alle terme e noi tre a
bighellonare per la città. Tappa da Burger King e poi vagabondaggio
su una strada piena di negozi. È difficile fare più di tre passi di
fila visto che i suddetti negozi sono distribuiti nel seguente
ordine: uno che interessa Aurora, uno che interessa Ale e uno che
interessa a me. Perdiamo un po' di tempo, prendiamo dei caffè lunghi
modello bibitone e ci dirigiamo a casa.
La luce
dentro è accesa, l'inferiata è aperta, la porta non è chiusa a
chiave. All'interno Sara è stesa a quattro di bastoni sul letto.
Dorme o almeno dormiva.
-Sara e
le terme?-
-uuu
grunf... sonno, stanca.... dopo.-
la rivedremo verso le otto e mezza nove quando si riprenderà dal letargo.
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