A chiamarlo bar farei un torto alla
lungimiranza dei proprietari. Si, ok c'è il banco, la macchina per
l'espresso e tutto il resto. C'è una signora grassa circondata da
gomme e mentine dietro alla cassa ma, nell'illuminato progetto dei
proprietari, oltre a staccare scontrini la vecchia arcigna vende
anche sigarette. Poco più in là un'imponente struttura di alluminio
e vetro separa il resto del locale dalla ricevitoria.
Al centro della
sala, esattamente equidistante tra la zona bar e quella scommesse, un
espositore fa il suo lavoro mostrando elegantemente i principali
quotidiani della penisola.
-'Sti ladri di merda!- sentenzia un
tizio sovrappeso e la voce “segni particolari: precedenti penali”
sulla carta d'identità. Sta sfogliando La Repubblica con sguardo
critico.
-Ci vuole la rivoluzione.- fa un altro,
un tipo magrolino ingiallito dal fumo.
-Vabbuò tanto tra un po' si vota e poi
sono cazzi loro!- replica il grassone.
Scarto di lato e mi avvicino alla
cassa. Intanto la discussione prende vita.
-Prima ci ammazzano di tasse mò
vogliono pure che li votiamo? Ah ma a sto giro non mi fregano. Non ci
vado proprio a votare.- dice il Secco.
-E che risolve?- la nuova voce
appartiene ad un cinquantenne vecchia maniera appena intrufolatosi
nella discussione. -C'è gente che si è fatta ammazzare per darle il
diritto di votare.-
-Si, o'Zì, però a che serve
votare queste merde?- ribatte il grassone.
-E mica devi votare a loro. Vota a
Grillo! Quello gli fa un culo così a tutti.- per rafforzare il
concetto lo “zio” mima con le mani il programma politico dei
grillini.
-A me quello mi pare un altro
Berlusconi.- dice il Secco.
-Magari, fosse come Lui, staremmo a
posto tutti.- si intromette uno dalla cassa.
-Quello pensa solo a chiavare! Figurati
che glie ne fotte.- dice il grassone.
-E perché Bersani è meglio?- fa il
nuovo venuto.
-Quello è scemo proprio, sta sempre a
ragionare ma non quaglia mai un cazzo-
-Beh, almeno ci prova- fa il secco
giusto per restare in conversazione.
-State a sentire a me: a Grillo dovete
votare.- ribadisce lo "zio"
-Io voto a Di Pietro. Era magistrato li
manda carcerati lui a tutti quanti, te lo dico io.- fa il grassone.
-A sto punto vota a quello...
quell'altro magistrato... Ingroia mi pare- fa il secco.
-Qua stiamo sempre a parlare delle
solite cose! Ci vogliono idee concrete. Ci vuole il nuovo. Non
possiamo stare sempre a cercare i ladri.- fa il belusconiano.
-Il nuovo? Berlusconi?- dice lo zio.
-Fin ora ha fatto bene. Poi l'hanno
incastrato con la storia delle spead.-
-A me mi pare che si è fatto solo i
cazzi suoi.- ribatte il grassone.
La conversazione degenera rapidamente
in un muro contro muro. Sono cinque mondi paralleli che
all'improvviso collidono cercando d'incastrarsi tra loro. È come
se cinque persone volessero infilarsi insieme in una tuta
elasticizzata senza sembrare un sacchetto dell'immondizia con le
gambe.
L'operazione fallisce miseramente. Cade
il silenzio. Ognuno dei contendenti alla deriva nei suoi pensieri,
stranamente qualcosa delle altrui opinioni è penetrato nella scorza
d'ignoranza dando vita al dubbio.
-A febbraio si vota.- borbotta lo zio.
Come a dire che entro la fatidica data ci si dovrà decidere. È
l'Italia che lo chiede: il popolo unito nel democratico ed illuminato
atto di mettere una crocetta su un simbolo per poi tornare
soddisfatti a discutere al bar.
È una di quelle crocette che ti
cambiano la vita.
Intanto nella fila della ricevitoria
fisso il foglio delle quote: “Napoli – Roma” dove devo mettere
la crocetta?
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