L'Audi di Marco sta correndo, sarà sui
cento all'ora. Il motore spinge di buona lena. Non è la fretta a
spingere Marco, non ha una moglie che sta partorendo, né un parente
che sta male. È solo che il raccordo di via Caldieri è una striscia
di asfalto sospesa che invoglia alla velocità: è quasi sempre
deserto, non ha curve improvvise e ha tutto lo spazio e le luci che
servono per attraversare sfrecciando in rapida successione le case
del Vomero di Fuorigrotta e Pianura. Le stradine di quei quartieri ti
passano sotto. Loro e il traffico che li intasa da quando è stata
inventata l'automobile.
Ogni tanto la strada sospesa si tuffa
in una galleria per emergere al di là della montagna. È alla
seconda galleria che Marco vede un altra auto davanti a lui, una
Punto nuovo modello. È lenta.
Marco non ci pensa un attimo mette la
freccia e si allarga sulla corsia di sorpasso proprio all'ingresso
della galleria. La strada curva leggermente per il prossimo paio di
km ma chiamarla curva è eccessivo. Fatto sta che marco dovrebbe
starsi fermo. Dovrebbe aspettare, dovrebbe decelerare ed aspettare.
Tanto non ha fretta. Ma è di buon umore , o forse no, e quindi mette
la freccia e va.
Marco fa il sorpasso più stretto del
dovuto, è un po' un suo vecchio vizio, è un errore, ma se non ci
fossero errori non ci sarebbero incidenti. Marco si stringe troppo.
L'altro tizio, che probabilmente non si è accorto di lui, si allarga
leggermente. Tump! Le due auto si toccano, il cervello di Marco molla
tutto e lascia fare all'istinto. Sterza per allargarsi e, secondo le
regole della fisica, va a fare in culo verso il guardrail. La
macchina si pianta contro la barriera metallica con un angolo di 45°,
si solleva su tre ruote mentre lo stridore metallico rimbomba nella
galleria. A questo punto succedono molte cose: l'air bag si apre e
inchioda Marco contro il sediolino come quello che ti blocca contro
un muro quando vuoi fare una rissa. In contemporanea la forza di
inerzia spinge la macchina contro il guardrail per una ventina di
metri mentre la fiancata del guidatore si accartoccia e si graffia.
Da qualche parte l'Angelo della Morte butta un occhio, sta giocando a
poker con gli amici e ha delle carte ottime, scendere giù a prendere
Marco vorrebbe dire passare il turno. Così la macchina, invece di
mettersi di traverso nella corsia di sorpasso si allinea contro il
Guardrail di sinistra e si ferma, non prima che il parabrezza si
crepi. Marco non ha capito nulla di tutto ciò. Sa solo che è ancora
vivo ed è bloccato. Qualche minuto dopo riesce a tirarsi fuori. La
macchina è andata. Ma lui è grosso modo tutto intero a parte il
ginocchio che inizia a gonfiarsi.
Alessio guarda la TV dal divano. Il
volume è troppo alto, è fastidioso per tutti, anche per Alessio ma
fa il suo lavoro. Il chiacchiericcio televisivo di une replica di
TeleShow Napoli si sovrappone alla tosse asmatica che viene
dall'altra stanza. È una brutta tosse, non una di quelle che
preannunciano una scarica di catarro né la tosse secca e cavernosa
del fumatore incallito. È una tosse famelica, di chi non riesce a
pigliare fiato anche se vorrebbe. Ad Alessio non è chiaro tutto il
meccanismo, un po' non l'ha capito e un po' non vuole saperlo. Il
medico gli ha detto che suo padre è il fortunato vincitore di una
terna di patologie più o meno innocue ma che combinate potrebbero
far si che una sera si addormenti e, semplicemente, smetta di
respirare. “e poi?” hanno chiesto loro. “poi sperate che abbia
il sonno leggero” ha detto lui. Ora Alessio sta sul divano, sono le
3 di notte. Suo padre continua a ripetere che sta bene ma ogni colpo
di tosse sembra che debbo portarsi fuori l'ultimo respiro. Alessio
alza ancora il volume della TV. Se ne fotte che i vicini battono la
scopa sul soffitto, se ne frega che da fastidio a tutto il palazzo.
Lui sa solo che sente quella tosse, per quanto alto sia il volume, ma
la sua paura peggiore è che la tosse smetta di colpo e che arrivi il
silenzio.
Marta è dal lato sbagliato dei
cinquanta, ha seppellito troppa gente che, di regola, dovrebbe essere
ancora lì. È andata male, anzi malissimo, ma non può assolutamente
permettersi una debolezza. La battaglia campale che il cancro porta
avanti contro la sua famiglia la vede ora in prima linea. Sono
rimasti in pochi e lei ha deciso che non può cadere, che questa
storia deve finire qui e ora. C'è troppo da fare per badare alla
sofferenza, alla malattia, alle chemio e a quell'altra cosa. Ha altro
da fare. È un istinto vecchio, radicato in ogni cellula del suo
corpo molto prima delle cellule tumorali, molto prima di ogni altra
cosa. Ora , come la regina degli scacchi dopo che il re è stato
mangiato si aggira per la scacchiera con l'aria di chi è tutt'altro
che sconfitto. Medicine? ok. Analisi? Perfetto. Marta ha deciso di
negare alla malattia il diritto di infasidirla. Ha spogliato il
nemico del suo alone di sofferenza. Comunque vada ha vinto lei.
Buon Cazzo di Natale.
PS: i fatti sono veri i nomi sono cambiati
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