Sabato 6 ore otto e un tot di sera
piazzale Flaminio. Un appuntamento semplice, un gruppo di persone
ferme a cerchio come ragazzi che giocano a sette si schiaccia senza
pallone. Tutto è nato da un annuncio trovato da Chiara: “il museo
Maxxi è aperto la sera del 6 dalle 20 alle 2 ed è GRATIS”. E
visto che sulle cose gratis non si sputa mai sopra eccoci che è
partita l'organizzazione. Che per certi versi ci è un po' sfuggita
di mano.
Alla fine dopo lunghe tribolazioni
telematiche ci siamo dati appuntamento in quel di Flaminio. I membri
del cerchio erano: Io, Chiara, Valerio, Vittu, Arianna, Valentina,
Vincenzo, Aurora e Alessandra. Quando poi si sono aggiunti anche
Andrea e Max io avevo perso da tempo ogni tipo di corrispondenza
faccia-nome degli altri arrivati che sono stati tutti archiviati
nella cartella “amici_di_amici.txt”.
Una delle cose più chiare che si è
palesata nel gruppo originale è che quando si chiede “e mo dove
vogliamo mangiare” ognuno si chiude nel silenzio aspettando che sia
un altro a proporre per poi obiettare qualcosa. Lunghi silenzi che
sanno di trattativa hanno deciso per un democratico Buger King.
Probabilmente perchè era la prima cosa struttura adibita al cibo che
è capitata sott'occhio. Folla, caos, casino, tamarri. Insomma un
fast food al sabato sera. Mangiamo chiacchiere e poi usciamo per
incamminarci verso la meta. Non prima che altra gente si aggiungesse
alla truppa.
Sembravamo un po' una comitiva di
turisti in gita. La camminata è stata discretamente lunga ma ha
avuto sicuramente ampie qualità digestive. Man mano che si avanzava
ci si chiedeva ad ogni traversa se era quella giusta subito smentiti
da Valerio e dai suo telefono magico. Tra i momenti di panico
sicuramente possiamo annoverare Andrea che attacca a fare n filmato
col suo i pad scatenando il panico nel suo pezzo di gruppo.
Il museo è abbastanza incasinato . La
gratuità dell'evento ha spinto molta gente ad andare a dare un
occhiata. Come noi in molti non avevano francamente idea di cosa
avremmo trovato all'interno. Il sito recita “museo di arte e
architettura moderna” ma se c'erano spiegazioni sono subito passate
in secondo piano davanti alla parola GRATIS.
C'è una grossa fila, c'è lentezza,
c'è noia. Ci separiamo quasi subito in gruppetti meno numerosi. Io
Aurora e Alessandra vaghiamo per le sale ogni tanto incontrando altri
esponenti della truppa intenti a vagare anche loro. È subito chiara
la mia ignoranza per l'arte moderna o qualsiasi cosa ci sia qui
dentro. L'edificio stesso è una specie di opera d'arte in onore
della fantascienza post atomica (tipo grossi muri di cemento grigio e
ambienti asettici). La cosa più particolare sono le scale che
salgono e scendono ricordando un po' quel famoso quadro che fa
sentire le gambe stanche solo a vederlo. Le cose interessanti si
possono riassumere in:
una macchina degli anni sessanta
parcheggiata in una stanza in penombra. Una stanza rivestita di finta
corteccia di albeo con al centro un coso di legno con della resina.
Varie cose informi, altre cose informi però stavolta appiccicate a
terra, il puffo di rubick (da me battezzato così che consiste in un
grosso cubo morbido con nove colori per lato. E infine una vetrata
obliqua che se ti ci appoggi sopra non solo vedi il panorama ma ti
senti pure di cadere.
Ci stiamo già dirigendo verso
l'esterno per fumare e lamentarci della fuffosità dell'esposizione
quando sbagliamo scalinata ci ritroviamo vicino ad un piccolo angolo
con una porta girevole giallo splendente. Siamo come bambini e ci
buttiamo dentro. Al di là c'è un altra ampia sala dove sono esposti
modellini esotici e strani di opere di alta architettura. Camminiamo
un altra oretta guardando le cose come se fossimo in un vero museo e
poi usciamo.
Fuori si perde parecchio tempo. Si fuma
si chiacchiera si verifica il dolore alle gambe e non ci si riesce a
riunire. Ci andiamo a bere una cosa nelle vicinanze sicuri che prima
il tram e poi la metro ci riporteranno a casa.
Non sarà proprio così. Al momento di
rimettersi sulla strada di casa ci viene fatto notare che per quanto
tardi possa chiudere la metro il tram non passa già da un pezzo. A
questo punto tutto si fa confuso. Io Aurora ed Alessandra dobbiamo
prendere quella metro. È l'una meno venti. Vuol dire che abbiamo una
mezzora di tempo. Ci avviamo a passo svelto dopo rapidi saluti.
Sbagliamo strada. Mi faccio ignorare da una signora a cui volevo
chiedere informazioni e infine saltiamo su un autobus chiedendo:
“questo va a Flaminio?”
“no.” Si chiudono le porte e parte.
Ci sia ram di pazienza:
“e dove potremmo scendere per
prendere una metropolitana?”
la risposta è vaga: forse conviene
prendere i notturni forse a Ottaviano forse a Lepanto o a Piramide
oppure... intanto le fermate passano. Alla fine ci vuole molta
diplomazia e un uso accorto di metafore e parole semplici per farci
lasciare nei pressi di Lepanto. Sono la 01:15 saltiamo in metro e
siamo salvi.
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