Grunt annusava l'aria con fare pensoso.
Le sue narici si dilatavano mentre le miriadi di sensori olfattivi
rapivano molecole d'aria e le interrogavano brutalmente. L'aria era
fredda, la neve copriva tutto attutendo i rumori ed abbassando le già
scarse possibilità di sopravvivenza.
Nell'aria c'era l'odore di un
predatore: qualcosa di grosso, violento e probabilmente interessato
alla carne di Grunt quanto Grunt era interessato alla sua.
L'uomo-scimmia rimase immobile tra le rocce innevate stringendo il
bastone appuntito e guardandosi freneticamente intorno. Non era
ancora stata inventata la religione, per ora gli sciamani si
limitavano a dire che lo sapevano loro come funzionava privando Grunt
e i suoi simili di un facile bersaglio per preghiere e imprecazioni.
Da qualche parte dovevano esserci gli altri cacciatori ma lui non li
vedeva. Dire che era il più stupido della tribù sarebbe stato
semplicistico visto che al momento l'intelligenza era ancora un
embrione di idee sparse qua e la. Il vero problema di Grunt era che
pensava troppo: ragionava si chiedeva i perché delle cose e come si
sarebbero potute fare in modo migliore. Vista quindi la sua
particolare attitudine all'innovazione gli anziani della tribù lo
avevano assegnato ai gruppi di caccia sperando che la natura
provvedesse al resto.
Quando il grosso orso (o meglio
Cosa-pelosa-artigliata-molto-violenta). Spuntò dalla radura tutti
gli istinti di uomo-scimmia in Grunt gridarono grossomodo la stessa
cosa: scappa! A questo punto però intervenne quella grossa massa
grigia che tanta importanza avrebbe avuto nei secoli a venire. Poche
semplici scariche elettriche tra i neuroni convinsero il corpo di
Grunt a lanciarsi verso la bestia invece di correre il più lontano
possibile. La lancia di legno malamente intagliata colpì la bestia.
Grunt non se la stava vedendo bene, anzi tra pochi secondi avrebbe
scoperto se gli sciamani avevano ragione. Fortunatamente gli altri
cacciatori, tutti uomini-scimmia grossi e muscolosi, intervennero.
Dopotutto se il più debole del branco attacca gli gli altri non
possono fare brutta figura.
Per quanto la civiltà fosse ancora un
idea lontana i cacciatori avevano ben chiaro cosa dovevano fare:
affonda lì distrai là, urla un po' e soprattutto evita i grossi
artigli. Non ci volle molto, i cacciatori erano un gruppo abbastanza
affiatato, nonostante Grunt, e riuscirono presto ad avere ragione
della bestia. La discussione subito successiva non merita di essere
riportata. Basti sapere che dopo una serie di guardi in cagnesco
versi gutturali e qualche rapida minaccia Grunt e altri due
uomini-scimmia afferrarono la bestia e si prepararono a trascinarla
a l villaggio.
Nel freddo della notte il fuoco
bruciava. Le fiamme guizzavano all'ingresso della grotta con un'aria
di superbia tipica di chi sa di essere indispensabile. Un paio di
donne-scimmia lo sorvegliavano buttando ogni tanto qualche rametto
per ravvivare le fiamme. Non avevano ben chiaro il meccanismo delle
stagioni ma di una cosa erano entrambe abbastanza sicure: quel freddo
durava da troppo tempo. Se ne lamentavano per quanto il lungo gelo le
risparmiasse il gravoso compito d'andar a caccia di bacche stavano
iniziando a notare entrambe come il cibo stesse scarseggiando e di
come i cacciatori tornassero sempre più tardi con prede sempre più
piccole.
Molto dopo che il sole era tramontato
gli finalmente i cacciatori si rifecero vivi: Urk il più grosso
guerriero della tribù apriva la strada seguito dal suo personale
branco. In fondo alla fila Grunt intento a tirare con tutte le sue
forze la carcassa del grosso orso.
Urk si fermò per qualche istante al
limitare del fuoco, qualcosa nel suo piccolo cervello lavorava per
mantenere la teatralità. I suoi muscoli e rilucevano sotto le fiamme
la sua statura ingobbita gli dava un idea di possanza che le donne
moderne non potrebbero cogliere. Poi la sua fronte si corrugò , in
segno di un grande sforzo mentale. Dopo alcuni grugni e false
partenze il giovane disse:
“portato cibo!”
ci vollero altre due ore mentre le
donne si indaffaravano a pulire la bestia e cuocere sul fuoco grossi
pezzi di carne. Come al solito gli anziani mangiarono per primi. Poco
dopo i cacciatori poi donne e bambini. Infine qualche donna
sufficientemente sazia si accorse di Grunt e malvolentieri prese a
scottare un altro pezzo di carne. La carcassa dell'orso durò qualche
giorno. Nessuno nella tribù lo notò. Da molto tempo non si vedevano
più Cose. Non c'erano più bacche il cibo scarseggiava e
probabilmente l'orso che ora riempiva le pance degli uomini-scimmia
era uno degli ultimi ritardatari.
Quella notte Grunt fece un sogno. Lo
faceva spesso in relatà. Da quando la sua tribù era stta sconfitta
e lui era stato preso. Il concetto di schiavismo era troppo
complicato per gli uomini-scimmia, il tutto si limitava a un più
blando “fai quello che io dice o io mazza in testa te”. Grunt
aveva accettato quella situazione come un cane debole accetta il
proprio capobranco. Era isolato e reietto ma non per questo inutile.
Ad esempio era un esca ideale. Gli altri nella tribù non lo
consideravano molto e questo in parte gli stava bene. Essere
considerato troppo intelligente per poter essere utile aveva i suoi
vantaggi: ad esempio, se sopravviveva alle battute di caccia aveva un
sacco di tempo per se.
Quello che stava sognando adesso
risaliva a un inverno precedente al lungo inverno i cui si trovavano.
Era seduto su un masso fermo immobile con la testa posata su un pugno
ad osservare la prima neve che copriva le cose. Era un pessimo
uomo-scimmia ora come allora. Uno di quelli che si chiede il perché
delle cose, uno di quelli che da il tormento agli sciamani per sapere
e capire cosa succedeva. Lo sciamano della tribù aveva creato un
piccolo pantheon di dei sono per spiegare i suoi dubbi. Là dove il
resto degli uomini-scimmia si limitava a venerare il fuoco.
In quel giorno di inizio inverno Grunt
fissava l'orizzonte concentrando la mente sui fiocchi di neve che
cadevano. Era solo fuori dalla grotta, di guardia. Gli altri
dormivano ammucchiati al caldo. Sentì un rumore. Il rumore che fanno
gli uccelli in volo e levò lo sguardo incuriosito e speranzoso ala
possibilità di un possibile pasto fuori programma. Nel cielo uno
stormo di uccelli volava verso le montagne. A Sud, anche se per lui
questo non significava nulla. Li vide allontanarsi. Nelle ore
successive di veglia ne vide altri e poi altri ancora.
Nel sogno Grunt riviveva quei momenti,
le stesse domane ora come allora: dove vanno? Perché ci vanno? Per
quanto si sforzasse non riusciva a capirlo. Ma nel sogno non erano
solo gli uccelli ad andare via: lupi, orsi e ogni genere di bestia
andava verso i monti e poi oltre. Il villaggio rimase avvolto nel
silenzio. Gli altri dormivano. La neve si ostinava a cadere. Poi
anche gli alberi si mossero: sollevarono le grosse radici e si
incamminarono barcollanti. Prima uno poi un altro. L'intera foresta
si mise in viaggio. Ma il villaggio rimase immobile. La neve
continuava a cadere finché non diventò tutto bianco. E lui rimase
solo.
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