mercoledì 26 settembre 2012

"scus, noaiu voulevamm saper..."


Mezza notte e una buona mezzora. Valerio s né appena andato dopo avermi accompagnato alla fermata dell'autobus. Una altra sessione di d&d è finita. C'è la morte nel cuore per la dipartita non tanto eroica del personaggio di dudu (non mi ricorderò mai il nome vero): ucciso a pugni nudi da qualcosa che ha mancato per 5 turni di fila. Siamo a lutto.

Ma anche no. Stiamo a discutere di tutt'altro: piani vanagloriosi e gesta eroiche nel mondo del fumetto. Un interminabile lista di “mo facciamo, diciamo, e cosiamo”. L'ora è tarda Valerio va via lasciandomi in compagnia di un cinese sfatto di lavoro e di tre ragazzetti spagnoli ubriachi marci che discutono di qualcosa. I miei sensi si allarmano a ragione. Non passano che pochi minuti finchè, quello che è stato giudicato il più sobrio non si avvicina e chiede come si arriva in centro. Per fortuna lo spagnolo ha della assonanze simili e riesco a rispondere. “devi prendere l' N1” loro annuiscono con vigore davanti a tale cosmica verità.

Passano alcuni minuti. Tra loro parlottano sempre con un tono da stadio. Poi si fa sotto nuovamente l'Einstain spagnolo. A questo giro vuole sapere dove abito, quanto costa casa, mi spiega che sono tre studenti in erasmus e stanno a cercare casa. Io gli cerco di esprimere tutta la mia solidarietà ma sarà l'inglese traballante sarà il concetto stesso della frase “i no have idea” con cui gli dico che io non so chi fitta case ma gli altri due si avvicinano in una nube d'alcol. Declino l'offerta di un sorso del loro rum mentre il secondo di loro mi chiede con foga: “you speak english?” io faccio una faccia che riflette il mio inglese traballante (con cui ho risposto fin ra) e dico “so and so”. Lui ha un espressione di trionfo e attacca a parlare. Non è proprio inglese. È l'equivalente di una lingua straniera parlata da uno evidentemente ubriaco: c'è inglese, spagnolo, parole sbiascicate e gesti inconsulti che secondo lui dovrebbero dare enfasi alla frase. E soprattutto va veloce mischia le parole. In breve non si capisce un cazzo.

Non so più che pesci prendere. Il concetto l'ho afferrato: volete fittare casa e volete sapere da me dove trovarla. Evidentemente le mie abilità linguistiche non esprimono al meglio la frase “e io che cazzo ne so”. O forse l'ho espressa al meglio ma il loro rum gli sussurra che, da infido italiano, mento e mi nascondo tutte quelle notizie per me.

Arriva l' N1. Sono salvo salgo più avanti e loro vanno dietro. Li sento attaccare bottone con altra gente che reagisce più o meno come me. Poggio la testa sul finestrino mentre inizia il lungo viaggio verso casa.

Devo imparare almeno l'inglese. Perchè è proprio una figura di merda parlare come Totò per farsi capire.

lunedì 24 settembre 2012

O'Munaciello


Non sono un paranoico. No signore, anche se mentre scrivo queste righe ogni tanto mi guardo le spalle, anche se nel dormiveglia vedo qualcosa nell'angolo tra muro e armadio che poi si rivela essere il ventilatore. Non sono paranoico e non sono pazzo, ma lo ha detto il nippolo di polvere con cui condivido la stanza, smezziamo l'affitto e parliamo di filosofia fino a tarda notte. E prima che lo chiediate quelle pillole colorate le prendo solo per insaporire i pasti tristi del fuorisede single.



La famiglia Esposito al completo ha invaso casa recentemente. Non so se sia davvero il cognome della tizia nuova ma per non allontanarci troppo dai luoghi comuni direi che Esposito per una napoletana vada bene. Comunque in pochi giorni prima è venuta la madre e poi al sorella. Vista la naturale ospitalità l'altra stanza che dava accesso al balcone è stata apparecchiata per la sorella di Daniela. L'assenza delle “due della doppia” e di ogni generale regolarità dei cicli del sonno delle due sorelle hanno fatto si che l'ultimo week end lo vivessi più a casa di Aurora (grazie assai per l'ospitalità e la pazienza. È dura avere un barbone per casa) che da me.



Ci sono cose che nella vita si danno per scontate come ad esempio che lavare un quintale di piatti alle tre di notte discutendo dei fatti propri possa dar fastidio o che le amabili chiacchiere romantiche fuori al balcone sono ancora meglio quando il tizio della stanza di fianco non sta cercando di dormire o scrivere e, per inciso, muore dalla voglia di mettere bocca nella discussione. Dovevo scendermene a Napoli venerdì, i fatti lo dimostrano. Credo che tutto sto casino sia una punizione per aver illuso Daniela che mi toglievo dalle scatole nel fine settimana. Me lo merito.



In più sta succedendo qualcosa, qualcosa di misterioso che se non fossi paranoico, impressionabile e pazzo non salterebbe ai meriti di cronaca. Ho già accennato al fatto che c'è qualcosa qui e credo di aver identificato questo qualcosa.

Posate e bicchieri spariscono, non si trova una cosa nello stesso posto manco a inchiodarla, da quando ho perso sto pessimo vizio di non chiudermi a chiave in camera la porta la trovo sempre semi aperta. Poco un paio di cm ma sono sicuro che l'avevo chiusa. Sicuro come può essere sicura di qualcosa una persona che ha passato l'ultima mezzora a cercare gli occhiali che aveva sul naso, mi rendo conto che è poco, ma questo è il massimo della sicurezza che posso concedere.



Esiste uno spiritello domestico della tradizione napoletana che coincide perfettamente con gli ultimi avvenimenti: il Munaciello. È una creatura dispettosa e amante degli scherzi ma in fondo benevola. Secondo i racconti popolari non dovrei nemmeno scriverlo perché la gente parla e non gli piacciono i pettegolezzi. Sempre secondo la tradizione dovrei lasciargli qualche dono durante la notte (sigarette o cibo preparato con le mani mie in base alla tradizione) o onorarlo facendo dormire una bella donna seminuda nel mio letto (in quest'ultimo caso saremmo contenti in due). Facendo un rapido calcolo per ora dovrà accontentarsi di fumare.



Ci sono altre possibili soluzioni al mistero: la paranoia suggerisce che magari qualcuno mi spia allargando la porta quel tanto che basta per vedere se ci sono e che sto facendo. Un altra parte di me crede che le correnti ascensionali che si formano in casa (qui chiudere le finestre è una cosa che credo violi una qualche etichetta) fanno aprire la porta (è una di quelle a scorrimento su un binario non ha cardini).



Ma francamente preferirei di gran lunga si trattasse del Munaciello perchè l'idea di essere spiato da qualcuno mi manda oltre la normale dose di paranoia che posso gestire.


sabato 22 settembre 2012

ultimo atto


Ho fatto tardi, ho perso la metro, avevo messo a fare il bucato e mi sono rimbecillito con un altro telefilm (che già conosco). Non avevo manco tutta sta voglia di andarci a ritirare il diploma. Giuro. Per come sono andate avrei fatto bene. Anzi avrei fatto ancora meglio a tornare a Napoli per il week end chiudermi dentro la stanza e buttare via la chiave. Ma tant'è e quindi a noi.



Arrivando con ampio ritardo mi sono perso quella che credo sia stata la parte “divertente” della festa della scuola. Giordano, Martina, Damiano e Andrea mi vengono incontro fuori. Coca cole e millantati panini. Al festa è talmente interessante e viva che si decide di andare in fumetteria.

In teoria questo fantasmagorico evento mondano è stato pensato per premiare i vincitori del Succhiasangue contest, un concorso organizzato da scuola nel mentre si è anche pensato di approfittare dell'occasione per dare a noi dei corsi sfigati i diplomi largamente meritati a colpi di ricevuta di pagamento. Max ci raggiunge poco dopo e tutti insieme pensiamo di scender sotto pure per assecondare la nostra cenerentola Potentina (Andrea) che vive nella costante ansia di perdere il bus per casa.



Ora chiudete gli occhi ed immaginate: aria pesante, umida, rampe di scale che scendono decorate da quadretti di fumetti e illustrazioni. Poco più sotto, dietro la curva delle scale, una voce squillante di quelle che fanno venire alla mente il trapano elettrico del dentista. Giri l'angolo e sembra di essere tornati ai tempi delle occupazioni a scuola.

Sulle scale sono accampate un gruppo di facce sconosciute davanti a noi il banco dell'accettazione di scuola e un banco coperto di confezioni di dentiere da vampiro (la loro idea di festa a tema vampiri). In piedi in mezzo a quello spazio angusto tra accettazione e corridoio delle aule l'origine della voce squillante che con tutta la solennità del caso sta consegnando i premi per sto benedetto succhasangue contest: delle targhe di simil legno. Uno dei vincitori ha una faccia conosciuta contrita nell'imbarazzo della sontuosa premiazione. Foto, applausi di circostanza e via al passo successivo.



I diplomi: si inizia da sceneggiatura. Lorenzo non è potuto venire e la cosa, unita al sontuoso corridoio dove viene celebrata la “cerimonia della consegna dei diplomi” (tanto per citare l'invito su facebook), fa una brutta aria di cose a tirar via, di corso dei poveri e di faccenda da sbrigare in fretta che si fredda il polpettone.



La maestra di cerimonie è la stessa: una donna tracagnotta che viene presentata come la “regina dell'horror”. Io non riesco a staccare gli occhi dai suoi capelli ipnotizzato dal pensiero che forse prima quella massa di pelo fosse una qualche creatura con un ciclo biologico a parte.

Vengono chiamati i nomi in ordine alfabetico. I primi tre mancano e qualcuno dell'organizzazione si fa scappare un “cominciamo bene” a mezza voce. Non lo tengo sotto tiro. Conto fino a mille. Intanto prima Martina poi Giordano poi Andrea hanno i loro trenta secondi di celebrità: consegna della cartelletta con diploma, piazzamento per foto di rito con uno di contorno che dice “fa vedere i denti!” con quell'entusiasmo tipico della gente che ti fa “auguri mò so trenta!” e poi ridono a crepapelle come se i trenta non fossero i tuoi anni.

Chiamano me rubo il cappello molto rock di Giordano e mi avvio, labbra serrate, sorriso ebete, poso per la foto.

fa vedere i denti”. Dice quello con entusisamo, come se a furia di ripeterla la “battuta” migliori.

Io mi allungo di lato spiazzando la povera fotografa (una delle ragazze di segreteria con una macchinetta digitale in mano) prendo una delle dentiere dal tavolino e la espongo come trofeo in risposta. Risate foto e tanti complimenti. Ci giriamo e andiamo via.

A metà delle scale una voce ci ferma. La voce appartiene a un uomo che deve essere caduto rovinosamente col viso in svariati barattoli di tinta. Ha i capelli bianchicci ma neri a chiazze i baffi mostrano ampie macchie gialle di nicotina e lo stesso nero finto. Il tutto contornato da un cappellaccio alla texana che mi fa venire in mente i Simpson. Non ricordo le esatte parole. La verità è che me ne volevo andare il più presto possibile. Non ero dell'umore e la sontuosa cerimonia non ha aiutato.

Lui dice qualcosa del tipo: “se poi quelli che hanno preso 30...” pausa, rumore di ingranaggi “... anche la lode. Vogliono passare la settimana prossima” pausa d'effetto. Martina ci casca “perchè?”

vi facciamo lavorare” conclude lui ad effetto.

Ricordo quello che mi ha raccontato Valerio riguardo ad una proposta simile ma, come miliardi di persone prima di me, penso che stavolta è diverso. O ci spero.



Andiamo via. Tutti hanno fretta. È sabato pomeriggio, tutti hanno i loro cazzi per la testa. Saluti veloci. Promesse solenni, organizzazioni. Sembra come quando ci si saluta da una vacanza.



Scendo a Termini con la metro. Me la faccio a piedi fino a casa. Di colpo ho otto anni, la febbre a trentotto. Dopo una feroce battaglia mai madre mi ha convinto a prendere quel dannato sciroppo, quello che puntualmente vomito dopo dieci minuti. Ora a vent'anni di distanza sento in bocca lo stesso sapore.

mercoledì 19 settembre 2012

Grazie assai


secondo la scaletta ufficiale che sta solo in testa a me oggi avrei dovuto scrivere qualcosa su un gioco da tavolo o su un fumetto. Gli eventi della giornata mi hanno fatto prima virare su l'idea di un post riguardante l'apatia e quell'altro peccato capitale che mi perdo sempre dalla lista ma che riassume la frase “non tieni geni di fare un cazzo”. Poi ho scoperto l'esistenza di un telefilm americano a cui Formigli al suo Piazza Pulita aveva accennato (roba di giornalisti americani). E ci sono finito sotto (sto caricando ora la settima puntata di dieci da un ora) e stavo pensando di spenderci due parole. Purtroppo poi è intervenuto facebook e uno dei colleghi dell'autoproduzione (colleghi è ingeneroso. Lui SA disegnare ed è bravo pure) ha condiviso una delle foto dementi dei fascisti ovviamente perculandola. Ed io, che non sono minimamente uno che vaga con la testa, mi sono messo a vedere le altre foto e stavo pensando di scrivere qualcosa al riguardo.



Ma veniamo al sodo che già voi lettori siete in sei e tre avranno già chiuso.



Mi arriva prima una chiamata dalla Scuola Comix e poi un messaggio. Argomento? Cerimonia dei diplomi. In che senso cerimonia? Ci devono dare sti pezzi di carta inutili. Ora una premessa: da quello che mi hanno detto le varie classi prima di noi e Lorenzo stesso i diplomi si consegnano al Romix, una fiera del fumetto romana, in una tristissima cerimonia allo stand della scuola. La cosa ha però i suoi vantaggi: pare che i diplomandi entrano gratis e (addirittura) si posso portare un altra persona sempre a scrocco.



Quest'anno pare di no. Quest'anno di sabato alla 5 e rotte di pomeriggio dovremmo andare a ritirare i diplomi alla “festa della scuola” (le virgolette rappresentano tutto il mo disprezzo) nella sede della scuola stessa. Perchè i “corsi brevi” ritirano lì gli altri al Romix.



Dopo questa notizia ho pensato una cosa che mi sento di dire a nome anche di tutta la mia classe e credo loro appoggino pure:



grazie assai. Non voglia mai dio che entriamo gratis da qualche parte dopo avervi postato duemila e rotti euro.



Ma infondo, a parte Lorenzo, lì dentro si ricordavano che esistevamo solo quando c'era da avere i soldi della rata.



E comunque ribadisco:



grazie. Senza di vuoi rischiavo di farmi una fiera gratis.

lunedì 17 settembre 2012

Fumetti a caso: Turf

di Jonathan Ross e Tommy Lee Edwards
160 pagine
15 euro




è complicato parlare di questo fumetto più che altro per l'originalità dell'idea di fondo per cui procederemo per similitudini ed esempi che spero conosciate.

Immaginatevi un film di gangster degli anni '30 tipo “Era mio padre” ma senza ragazzino. Con bende di criminali che si contendono New York. Fatto? Ora aggiungeteci una famiglia di vampiri stile “Underworld” che pensa ( a ragione) che dopotutto potrebbero fare un culo così a tutti e prendere il controllo della città. Mo, visto che non c'era abbastanza carne al fuoco, metteteci dentro anche ET ma più grosso e meglio armato.



Sembra un miscuglio privo di senso? A prima vista si ma in qualche maniera i pezzi vanno tutti al posto loro. Anche se la storia è strana i personaggio sono uno dei migliori punti di forza di questo fumetto. Abbiamo nell'ordine: la giornalista spregiudicata che vuole scrivere cronaca nera, il gangster stufo che si vuol, redimere, un contrabbandiere alieno che davvero non sa che fare e i due “fratelli” vampiri (uno buono e l'altro cattivo).



La storia scorre bene, i personaggi parlano molto ma lo fanno senza fartelo pesare e limitando al minimo gli spiegoni noiosi. Soprattutto la parte iniziale in cui viene presentato lo scenario criminale. Una delle pecche (per come la vedo io) è che ogni evento fila esattamente come te lo aspetti, soprattutto la trama interna alla famiglia dei vampiri che risulta abbastanza scontata e prevedibile. In compenso però tutta la sottotrama dell'alieno ha un suo fascino e soprattutto crea una sensazione di “tutto il mondo è paese” che umanizza moltissimo una cosa che umana non è.



I disegni hanno il loro fascino, cupi e molto a tema con l'ambientazione anche se ci sono alcune “stranezze” nel design dei personaggi. Soprattutto l'alieno nelle prime pagine non ha un'anatomia chiara ma poi si raddrizza.



Insomma per concludere un fumetto che merita un occhiata, piacevole da leggere e strano. Strano in modo positivo. Sicuramente l'idea è originale lo sviluppo un po' meno.

venerdì 14 settembre 2012

il Tunnel


Immaginatevi uno stanzone pittato di bianco. Quel bianco scarso di chi non ha voglia di passare la vernice più dello stretti indispensabile. L'aria è umida un po' perchè il locale si trova al livello delle cantine un po' per l'unica porta chiusa ma soprattutto a causa del sudore evaporato di una trentina di giovani e giovanissimi seduti uno di fronte all'altro su tavolini di plastica modello giardino.

Se c'è qualcosa che può dare più fastidio della puzza e del calore che regna lì sotto sicuramente questa può essere il vociare, le risate malefiche e tutto quello che si accompagna a locali come questo. Sulla cassa un tizio tarchiatello dai capelli unti confabula con uno spilungone mentre un gruppo di ragazzini osserva rapito due ragazzi più grandi che si scambiano insulti coloritissimi mentre giocano con quelle strane carte.



Ora che avete visualizzato bene l'ambiente potete smettere di immaginare. Quella bolgia infernale appena descritta era la vecchia ludoteca dove ho iniziato a giocare di ruolo e via discorrendo. Metaforicamente si può dire che sia entrato nel tunnel proprio lì. Lo strano gioco con le carte è Magic: l'adunanza e quella torna di gente era ciò che di solito succedeva ad un torneo.



Magic è un gran bel gioco, è stato tra i primi che mi hanno tirato dentro con il suo sistema all'apparenza fin troppo semplice: ci sono delle carte, ogni carta fa un qualcosa, tu compri le bustine delle carte e ti componi il mazzo e poi giochi contro altra gente. In tutto questo il gioco è a tema fantasy. Apriti cielo! È come fare il fantacalcio con le figurine e sono pure dei mostri! Ecco il pensiero del 11enne che ero.



Man mano che crescevo il gioco sembrava evolvere con me: nuove carte, tornei, gente serissima che quasi lo faceva di mestiere, gente che faceva calcoli statistici mazzi ottimizzati e via discorrendo.



Ma c'è un dettaglio che ci è sfuggito per molto tempo: le carte più forti erano le più difficili da trovare, l'investimento per farsi un mazzo decente cresceva vertiginosamente. Avevi due alternative: o spendevi una marea di euro ad ogni nuova uscita o ti mettevi con tanta santa pazienza a fare scambi sfruttando l'altrui ignoranza. Ora come ho già ribadito io sono povero e pigro per cui ho mollato. Ci sono ricaduto un paio di volte ma alla fine ho lasciato perdere (entrando in altri tunnel ma questa è un altra storia).



Ma ora ad anni di distanza Valerio ha fatto il danno. Esiste un programmino con annesso sito che fa una magia, una vera magia: giochi a Magic via internet, con tutte le carte e tutte le figure!

Il programma è di una semplicità becera (basti pensare che io sono riuscito ad istallarlo e a giocarci senza problemi). Percui se anche voi siete usciti dal tunnel ma ancora la dipendenza vi scorre nelle vene...ecco il LINK scaricate giocate e fate. Il mio nick è Jabbawack.



Ora devo andare....un altra partita e poi smetto...davvero...posso smettere quando voglio.

giovedì 13 settembre 2012

Cose che vale la pena leggere


Ci sono cose che vanno lette. Vale per i libri e quindi non vedo perché non debba valere per i fumetti. Non esiste una lista precisa ma alcuni punti fermi ci sono sempre. Onestamente non sono poi questo grande esperto. Sono solo un fan per cui per me le cose che ho letto io corrispondono pure a quelle che vanno lette (o per lo meno meritano un occhiata). Ognuna di queste cose mi ha fatto venire la voglia di fare fumetti. Per certi versi è un percorso formativo pure questo. In principio volevo fare un post per ogni fumetto ma per ora è bene accontentarvi di questi consigli per gli acquisti.



PREACHER di Garth Ennis e Steve Dillon

a voler riassumere è la storia di un predicatore che vuole uccidere Dio (si proprio lui). La sua“missione” lo porterà in giro per il mondo accompagnato da due assurdi personaggi: la sua ex fidanzata (ora anche ex killer della mala) e il vampiro irlandese Cassidy (uno dei personaggi più spassosi che abbia letto).

A sentirla così sembra una tamarrata senza senso (ed in effetti lo è) ma qui si vede la bravura di Ennis a mettere insieme tutti i pezzi più insensati della storia in un discorso coerente, epico e incredibilmente umano. Se amate i film alla Tarantino non potrete che apprezzare.



WACTHMEN di Alan Moore e Dave Gibbons

ne ho già accennato qualcosa di recente. È il capolavoro assoluto, la bibbia, la Divina Commedia a fumetti. Tutto si basa dietro un semplice principio: se i supereroi fossero esistiti davvero nel mondo reale cosa sarebbe successo? Oltre a questo tema già impegnativo di suo Moore infila nel suo volume tutta l'ansia degli anni della guerra fredda, messaggi in codice tra le vignette, oscuri riferimenti e una mezza dozzina di piani di lettura. Insomma la storia di supereroi è solo la superficie.



SANDMAN di Niel Gaiman e vari

Morfeo, l'incarnazione del mondo dei sogni e dell'immaginazione si ritrova prigioniero per quasi un secolo a causa di un gruppo di maghi che volevano catturare la Morte. All'inizio della storia riesce a liberarsi e ritornare nel regno del sogno ma è cambiato, qualcosa della natura umana l'ha influenzato. Con storie che oscillano tra il poetico e il comico passando per l'horror Gaiman ci mostra il mondo dei sogni raccontandoci, un pezzo alla volta, una storia sulle storie.



 
 
 
 
 
HELLBOY di Mike Mignolia

la cosa per me più sconvolgente di questo fumetto è che il suo creatore all'inizio era un semplice disegnatore che ha provato a farsi le storie da se buttando in un enorme calderone tutto quello che l'ha sempre appassionato da ragazzo: storie Pulp, Lovecraft, mitologia celtica, fiabe, nazisti, indiana Jones e fumetti di Jack Kirby. Quello che ne è uscito è Hellboy: un demone cresciuto dal governo americano che lavora per un'agenzia di controllo del paranormale. Ma, perché c'è un ma,, Hellboy è anche la creatura destinata a mettere fine al mondo, solo che è l'ultima cosa che vuole. Anche se il personaggio è caratterizzato in modo abbastanza vago l'epicità delle storie di contorno danno una forza epica all'intera serie che raramente ho letto. Di volume in volume le storie vanno legandosi insieme in modo così spettacolare che, se Mignolia non avesse ammesso il contrario, sembra sia fatto a posta dal primo numero.



THE PUNISHER di Garth Ennis

il personaggio è semplice: gli hanno ucciso la famiglia, lui è un ex marine si incazza e decide di uccidere TUTTI i criminali (con particolare predilizione per i mafiosi). Ennis però cambia le carte in tavola presentandoci un uomo al limiti della pazzia: uno psicopatico ossessionato dal punire i criminali, violento, freddo e privo di ogni sentimento umano che non sia l'odio. L'unica cosa che salva il punitore è il suo passato da soldato che preserva quel minimo di codice d'onore che lo distingue da un pazzo con una mitraglietta. Tutte le storie sono dure, cattive, con temi pesanti e senza un briciolo di speranza. Ma cazzo se sono belle.



RAT MAN di Leo Ortolani

nasce come una parodia demenziale di Batman evolve poi in una parodia del mondo del fumetto in generale. Esilarante in modi che non sono capace di spiegare ogni numero alterna parodie di film o fumetti famosi a storie concatenate del supereroe più stupido ed incompetente della storia dell'umanità l'unica cosa che lo salva? Lui ci crede. Non chiedete altre spiegazioni: QUESTO VA COMPRATO!



HELLBLAZER di Alan Moore e una decina di altri autori

John Costantine è un mago inglese nei tempi moderni (gli anni ottanta grosso modo). Un pezzo di merda in impermeabile che spunta dal nulla per risolvere storie di demoni et simila. Cinico, prigioniero del suo stesso personaggio, amico di nessuno a meno che non ci sia da riscuotere vecchi debiti. Un numero a caso va benissimo per iniziare veramente ogni storia merita. dimenticavo: non ha NULLA a che fare con quella roba che forse avete visto al cinema, siamo anni luce avanti qui.



Sicuramente mi sono scordato qualcosa ma è tardi e ho sonno e in tutta franchezza scrivere queste cose mi hanno fatto venire voglia di rispolverare la libreria. Magari poi mi allargo in una fase 2.

intanto fatevi una cultura.

 

mercoledì 12 settembre 2012

Chiamata alle Armi


come tutti i bravi psicopatici con un minimo di buona creanza anche a me “piace” alternare momenti di depressione pura ad attimi di esaltazione quella che fa esclamare agli indigeni della capitale la misteriosa parola nota come “DAJE!” negli ultimi giorni si pensa positivo, anche se i fatti non darebbero nessun motivo per farlo, ma è bene pensare positivo che se pensi è basta si sa che fai solo danno.



Ma come stavo dicendo oggi il mondo fila se non liscio ma almeno moderatamene storto. Le storie per il concorso sono partite e come i i figli in vacanza non danno più notizie di sé. Sono riuscito a spedire un mini racconto per un altro concorso (sempre roba sui malati di mente per carità). È una cosa complicata più che altro per il modo astruso in cui devi mandargli il materiale: un po' si internet, un po' via posta, qualche copia firmata, altre anonime, un modulo di iscrizione e tanta simpatia. Spero che arrivi per tempo.



A questo proposito una cosa interessante: la scadenza è il 14 settembre io ho finito il 10 e mi sono diretto all'ufficio postale esordendo più o meno così:

buongiorno dovrei spedire questa busta”

bene dia a me”

mi scusi una domanda”

certo dica pure”

è molto importante che arrivi entro il 14 si può fare?” la frase suonava più o meno come “se non arriva entro il 14 dopo la tua risposta ti uccido la famiglia”.

La signorina resta un attimo perplessa, borbotta un po' poi cambia documenti di spedizione e con la faccia seria dice: “con questo dovrebbe arrivare in tempo di sicuro”

Speramm.



Ma oltre che terrorizzare la gente negli uffici postali e farmi irridere da quelli delle agenzie interinali sto anche Lavorando. Mi rendo conto che è un termine un po' forte e improprio ma dopo lunghe riunioni (in cui abbiamo arricchito il tizio di un bar) ora abbiamo un piano di battaglia (siamo in due non parlo al plurale perchè sono di nobili origini). Proprio in queste settimane sceneggiature e progetti nuovi stanno uscendo dalle nostre teste per finire su carta. Ora c'è solo da completare il cerchio:



cercasi disegnatori per fumetto per storie brevi o per preparare progetti lunghi. Non si vede un euro a meno che non riusciamo a piazzare qualcosa ma se lo piazziamo saremo i primi a farvi avere la vostra parte. Indispensabili: voglia di fare, serietà e sete di gloria. Poi se state leggendo questo vi renderete conto della situazione.



Ma alcuni si chiederanno: “mamma mia Sté tutto sto casino per dire che ti servirebbero disegnatori a gratis? Non bastava un post su facebook?”



Si che bastava un post su Facebook ma se facevo così poi sul blog che scrivevo?

martedì 11 settembre 2012

Il Castello del Diavolo


Il castello del diavolo
20 euro
una carrozza, un gruppo di avventurieri e studiosi, uno strano castello infestato. Due sette segrete arrivano alla resa dei conti in un turbinio di intrighi e doppigiochi.

Grosso modo così si può riassumere la storia dietro questo allegra gioco da tavolo da fare in allegria nelle sere piovose che stanno per arrivare. Tanto per essere un pelo più chiari: si tratta di un gioco a squadre da 4 o 8 persone. C'è un mazzo di carte che rappresenta gli oggetti che man a mano si pescano e si usano contro l'altra squadra. Lo scopo del gioco è radunare i tre “oggetti chiave” della propria squadra e vincere.
 
 
C'è un problema però: le squadre sono segrete.
 
 
All'inizio del gioco ogni giocatore riceve una carta segreta che lo arruola in una delle due congreghe segrete (per comodità i rossi e i blu), poi un oggetto e una professione (c'è ti da un abilità da usare in gioco). Ora che tutti sono pronti a turno ogni giocatore può fare quattro cose:
 
-sbirciare: scegliere un giocatore e guardare un oggetto che ha in mano
 
-attaccare: si commenta da solo. Io attacco un altro giocatore gli altri votano se aiutare me o l'altro chi ha più aiuti vince. Il vincitore a questo punto decide se scoprire la tua squadra o rubarti un oggetto.
 
-scambiare un oggetto: io ti offro una carta. Tu te la guardi, se poi ti sta bene me ne dai un altra, se no rifiuti. La cosa vantaggiosa di questa azione è che molti oggetti danno dei vantaggi se scambiati (pescare altri oggetti, cambiare una professione ora inutile, fare casino giusto per confondere le acque e via dicendo).
 
-dichiarare la vittoria: il giocatore non fa nulla nel suo turno ma invece dice: io tizio e caio siamo la squadra Blu e abbiamo tutti e tre gli “oggetti chiave”. Si va a controllare se è vero e se lo è si vince. Se no vincono gli avversari. Si può anche fare il contrario, ovvero dire voi tre siete i rossi e avete gli oggetti ma non v ne siete ancora accorti. Stessa cosa si controlla e se ci hai preso hai pure vinto.
A questo punto si procede così: ogni giocatore deve capire chi sono i suoi alleati e poi cercare di radunare gli “oggetti chiave” della sua squadra. Il gioco è confuso e si presta a doppi giochi continui perchè anche se magari tu hai capito tutto è possibile che gli altri stiano prendendo più di una cantonata.
In breve si crea un clima paranoico dove ogni mossa degli altri giocatori deve essere letta e capita: “perchè lui ha aiutato quello ad attaccare?” oppure “perchè mi sta dando a me quest'oggetto?” e via così finché qualcuno non si sente abbastanza sicuro da dichiarare la vittoria.

Il gioco è fatto per giocare da quattro a otto persone ma da il meglio di se quando si è in sei mentre in otto si ha quasi la certezza di non riuscire a vincere per il troppo caos. Anche se il regolamento prevede gruppi dispari ci si perde molto e direi che è meglio fare altro. Il gioco è abbastanza intuitivo e dopo la prima partita tutte le meccaniche complicate che ho spiegato prendono un senso. Le partite durano un oretta senza trascinare troppo il gioco.

Non è però il gioco perfetto ci sono alcune pecche: in primis alcuni sfortunati casi possono portare la partita ad uno stallo perenne. È più l'eccezione che la regola però capita. Per quanto si possa parlare durante il gioco (e ci mancherebbe) alcuni giocatori hanno il pessimo vizio di pilotare gli altri “fai questo, fai quello”. È bene chiarire da subito che lo spirito è lo stesso della Briscola: ci si può sfottere ma non si può gridare al compagno di squadra “tira a coppe!”.

VOTO: 7
LIVELLO DI NERDITUDINE: 3
RISCHIO BANANE: 2

NOTA BENE: nessuna fidanzata è stata maltrattata nello svolgimento di questo gioco. E molte si sono pure divertite.

lunedì 10 settembre 2012

Nome in codice "Gibbone"

Ogni tanto la Scuola Internazionale di Comics riesce a fare belle cose oltre che prendersi soldi dai suoi alunni. C'è da dargli merito per questo. Un paio di giorni fa sulla pagina Facebook della sede di Roma è spuntato un avviso (un aggiornamento di stato per la precisione) l'avviso annunciava la presenza di Dave Gibbons in un incontro con gli alunni del corso di fumetto.

Lasciando stare la “mastodontica” campagna pubblicitaria dedicata all'evento in se. È cosa nota che né io né il resto della truppa (Chiara, Valerio, Max e altri) siamo alunni del corso di fumetto ma per una cosa del genere (GRATIS) era lecito fare un tentativo. Il piano era fingersi nuovi iscritti o nascondersi dietro Valentina all'entrata. Ma comunque questo popò di ospite meritava almeno un tentativo.



So cosa tutti si stanno chiedendo: “ma chi è Dave Gibbons?” beata ignoranza.



Per rispondere bisogna fare un salto indietro verso gli anni ottanta del fumetto. Un epoca splendente dove tutto era puro e innocente, e diciamocelo anche un po' noioso. Nei fumetti di supereroi i buoni erano i buoni i cattivi i cattivi e le cose erano chiare e cristalline.

Poi venne Watchmen. Non basterebbe tutto il blog a spiegare esattamente di cosa si tratta ma il principio di fondo è che Alan Moore scrisse la storia di un gruppo di supereroi sconosciuti e di come la loro presenza avesse cambiato il mondo. Questa non era la novità in se per sé. La novità fu che lui scrisse tutto questo e lo rese credibile filtrandolo con la lente del mondo vero. Ne venne fuori un capolavoro ineguagliabile con tanti e tanti di quei piani di lettura da rendere esatto il seguente paragone: Watchmen sta al fumetto come la Divina Commedia sta alla letteratura. Basti anche solo pensare che Watchmen è l'unico fumetto presente nella classifica di Time dei 100 capolavori del '900.



e chi ha disegnato Watchmen? Esatto, Dave Gibbons. È stato capace di prendere la sceneggiatura di Moore e disegnarla con una forza magnifica e di migliorarla con piccole aggiunte e altre genialate (un giorno proverò a farvi sapere. Per ora basti dire che il film che potreste aver visto al cinema NON E' NULLA A CONFRONTO).



Fatta questa premessa spero capiate il perchè tale conferenza aveva la sua importanza quasi capitale. Quelli di scuola sono stati più che generosi lasciando entrare chiunque pur di avere una sala bella piena per impressionare l'ospite.



Gibbons è una persona disponibile che si è prestato ad una serie di domande più o meno intelligenti sul mestiere e su come si sopravvive o si prova a fare nell'ambiente. Qui di sotto alcune delel cose che mi sono rimaste più impresse:



-la parte importante del lavoro è fare il layout e gli schizzi preparatori. Una volta capito che tutto funziona il resto è in discesa.

-secondo la sua versione dei fatti né lui né Moore avevano idea che Watchmen sarebbe stata la pietra miliare del fumetto che è diventata. Per loro era solo una “storia che gli sarebbe piaciuto leggere”.

-sceneggiatore e disegnatore devono lavorare di concerto senza scannarsi per la paternità delle idee restando disponibili a trasformarle. La somma fa sempre il totale direbbe mio nonno.

-è inutile fare una vignetta fantastica se poi il resto della pagina ci perde. È sempre bene avere un equilibrio. Più le vignette sono complementari più la pagina ne guadagna.

-il fumetto è un arte che a fatica viene presa sul serio perchè a volte non lo prendono sul serio manco gli addetti ai lavori.

-nessuno nasce imparato ma il “talento” o lo tieni o non lo tieni poi la differenza è tutta nella preparazione.

-il successo in questo campo è composto per metà da bravura e metà da fortuna.



Infine premio alla domanda più fessa formulata da uno dei tizi di scuola. Credo il direttore della plurifallita E-comicx:



“come si insegna l'immaginazione secondo te?”

“come si insegna il talento. O lo tieni o cambi mestiere”



Amen fratello.

venerdì 7 settembre 2012

si... esatto

se vi state chiedendo perchè in questi giorni non sto scrivendo la foto qui di lato dovrebbe riassumere e rendere il concetto in senso metaforico e letterale.

sono a Napoli e sapete che a Napoli il culo si fa pesante e ci sono tantissime cose da fare e un sacco di birra da bere.

in più non sono proprio in vena.
si proprio zero

sabato 1 settembre 2012

Domani


E' notte fonda, non ho sonno ma anche se lo avessi un improvvisa paranoia sui ragni me lo fa passare. Se anche non fossi diventato pazzo tutto in una botta resterebbero comunque i suoni della strada a tenermi sveglio. Se anche lì cadesse il silenzio ci sarebbe sempre il problema del freddo: prima piacevole, poi eccessivo, poi nuovamente agognato appena spunta una coperta. Insomma è una di Quelle notti. Quelle che non dormi perchè così è stato deciso. Magari avresti avuto più fortuna se avessi evitato di fare le due ma arrivati a questo punto è inutile lamentarsi.



Il sonno è passato l'ipod è scarico, il libro è noioso e non resta altro da fare se non fissare il soffitto con l'aria di chi sta pensando a qualcosa d'importante. Potrei reinstallare League of Legend ed appicciarmi sullo schermo del portatile fino alle luci dell'alba mentre mi meno con russi e giapponesi. Ci penso un attimo. No meglio di no. Sarebbe come un ex tossico che si fa una pera in onore dei “bei tempi andati”. Fisso il soffitto, che aria da filosofo mi deve dare. La notte fa questo brutto effetto.



La mente vaga in cerca di un occupazione passeggia nel suo piccolo studio d'osso e cartilagine senza badare alle decorazioni di materia grigia. Avanti e indietro per un po', borbotta, guarda qualche scartoffia, poi prende l'agenda e inizia a fare il punto della situazione:



domani mattina mi sveglio presto le otto, otto e mezza massimo. Mi faccio il caffè. Quel tipo di caffè che serve a svegliarsi veramente, quel caffè che si beve in piedi e non seduto davanti al portatile cazzeggiando. Mi rado, mi faccio la doccia e poi scendo, vado a portare i curriculum alle agenzie, ai ristoranti, ai supermercati e ai pub.

Poi torno a casa verso mezzogiorno. Accendo il portatile e mi metto a cercare qualcosa su internet. Questa volta lo faccio per bene, non mi fermerò scoraggiato al quarto annuncio dicendo “non ci sta niente, crisi di merda”. Questa volta andrò fino in fondo alla pagina e poi continuerò ancora.

Verso l'una e mezza le due metto su il pentolino, faccio bollire l'acqua e mi preparo qualcosa. Questa volta dopo mangiato lavo subito tutto perchè mai più si deve formare quella montagnella di piatti sporchi in cucina.

Una volta finito di fare i mestieri di casa da brava finta massaia torno al portatile. Non cago di striscio facebook e tutto il resto. Non mi metto manco ad aprire la mail in modo compulsivo. Apro un file word, di quelli già iniziati, e scrivo. Quando il cervello si stanca di pensare sempre alla stessa cosa salvo e passo al prossimo e così via fino alle sei e mezza.

A questo punto scendo. Non prendo la metro o i bus, cammino. Se dice bene vado a trovare Aurora, prendo un caffè, due chiacchiere e poi me ne torno per ora di cena. Se dice male cammino e basta finchè non è ora di ritornare.

Cucino anche la cena prendendo dalle scorte portate su da Napoli, lascio perdere la pizza al trancio il pub e la birreria, lascio perdere pure la Peroni in offerta sulla via del ritorno. Torno mangio e poi ricomincio a scrivere, più soft: mezzora di scrittura, un capitolo di lettura e via così finchè non si fa ora di dormire.



Si, mi piace. Da domani inizio.



Da domani.