Lorenzo è steso su qualcosa di umido,
gli fa male la testa, fa fatica a respirare. Si sente un peso sul
petto ma non ha la forza di aprire gli occhi tanto meno di muovere
il braccio per capire cosa lo tiene bloccato a terra. Fa un paio di
versi che per lui sono parole ma sembra che nessuno lo senta.
Potrebbe andare nel panico, forse gridare, ma decide che entrambe le
cose sono troppo impegnative per cui smette di sforzarsi e si lascia
scivolare nell'oblio.
5 ore prima
Capo Miseno, 10 agosto di un anno
imprecisato quando eravamo tutti giovani ed i nostri fegati sfidavano
ogni sabato il coma etilico in una sfida all'arma bianca. La lunga
spiaggia di Miseno è uno dei luoghi tradizionali dedicati ai falò
estivi. Quando arriviamo noi, dopo aver superato tre posti di blocco
ed aver affrontato un lungo tratto a piedi, sulla spiaggia c'è
pochissimo spazio. Poco male, Eduardo e Antonio sono stati così
abili da farsi sequestrare la legna per cui nessun falò.
Scegliamo un punto dove possiamo rubare
agilmente luce dalle due pire funebri vichinghe degli zawa zawa*
vicini. Cristian attacca a suonare i suoi bonghi prima ancora che
qualcuno si sia seduto. Suona bene e soprattutto se suona non parla.
Buono.
Mentre i giovani tirano fuori l'alcol e
le asciugamani io Emanuele e Luca teniamo conciliabolo. Luca, da uomo
previdente, ha comprato delle candele da spiaggia per fare luce.
Peccato che a vederle adesso siano lumini da cimitero: quelli rossi
con tanto di Madonna dorata in rilievo.
Dopo che Aurora si presenta col primo
giro di alcolici i ricordi iniziano a farsi confusi: l'alcool è poco
ma il cibo è totalmente assente e gli stomaci più deboli pagano
pegno. Silvia insegue Daniele per tutta la spiaggia. Non so cos'abbia
ma lo sento urlare “i zombie!” e decido di interessarmi ad altre
cose.
La musica di Cristian attira man mano
gente dai falò limitrofi, presto lo spazio tra le varie comitive si
annulla mentre ragazzi e ragazze ballano. Le scorte dei vari gruppi
diventano comuni, tranne la nostra: difesa strenuamente dallo zoccolo
duro del gruppo interessato più a fumare e bere che alle femmine
tutt'intorno. Santi uomini. Intanto io e Emanuele ci inbarchiamo in
una compravendita di alcolici con uno Zawa Zawa che non sa manco il
suo nome. Alla fine prendiamo 4 bottiglie di rum pagando 15 euro,
Emanuele blueffa, l'altro passa e con un gioco delle tre carte degno
della stazione garibaldi lui da venti euro a noi e se ne va
soddisfatto e felice.
È quasi mezza notte. I più intrepidi
ed ubriachi decidono che è arrivato il momento del bagno. Mancano i
costumi ma in fondo mutande, boxer e reggiseni sono quasi
equivalenti. Non so i dettagli ma quasi mezzora dopo siamo tutti di
nuovo sulla riva: alcuni ragazzi sconosciuti hanno tirato fuori della
brace: carne e salsicce. Non ci acorgiamo nemmeno che intanto
Cristian si è accasciato esausto sul suo bongo.
Il tizio che sta cuocendo carne e
peperoni è ancora discretamente sobrio e non lascia il cibo a ogni
passante. Restiamo lì affamati come Pannela, ma senza una causa.
Dopo un po' Aurora si avvicina al cuoco, non dice nulla. Lo guarda
solo con quel suo sguardo che dice: “se magari mi dai qualcosa
potrebbe essere che te la do”. Il cuoco ci casca la prima, le
seconda e la terza volta. Dopo essesi mangiata il primo piatto Aurora
rimedia cibo anche per alcuni di noi, quelli ancora in grado di
masticare. Altri mettono in pratica anni di esperienza da imbucati
saccheggiando i viveri incustoditi di altri falò.
Con le pance piene, senz apiù musica
ma con alncora abbastanza alcool inizia il momento del sentimento.
Dura fin troppo poco. Nessuno ha il tempo di appartarsi, il tuono fa
sentire la sua voce e la prime gocce fanno il resto.
È il panico: gente che recupera i
vestiti, gente che ha perso le sue cose. Si afferrano zaini e
asciugamani che si avvicinano vagamente alle vecchie proprietà.
Inizia a piovere più forte. Gocce grosse come olive ascolane. Aurora
corre a piedi nudi con le scarpe in mano davanti Eduardo con le
chiavi e dietro io e Emanuele carichi rispettivamente di Cristian e
dei bonghi. Gli altri subito dietro. A tempo di record le nostre
quattro auto attraversano Miseno verso la tangenziale, fuori una
tempesta d'acqua come solo l'estate sa regalare.
Un rapio giro di telefonate per
assicurarci di aver preso tutto: borse?ok, asciugamani? Ok. Bonghi?
ok. Vestiti? Ok. Lorenzo? Cazzo!
Mentre facciamo inversione da qualche
parte un vigile muore. Ci mettiemo quasi un ora a tornare indietro.
La pioggia cresce e poi decresce fino a finire. Sulla spiaggia
fangosa, tra i resti del falò Anna Chiara trova il cadavere: disteso
a quattro di bastoni coperto di sabbia e da alcune asciugamani
fracide Lorenzo borbotta qualcosa. Ci vogliono venti minuti molta
forza fruta e una buona dose di promesse invitanti per tirare su
Lorenzo.
Sorteggiamo a caso chi sarà il
fortunato che se lo caricherà in macchina mentre alcuni scommetto
sull'esatto kilometro del primo vomito.
Epilogo
Piazza Quattro Giornate, sono un
macchina da più di un ora, abbiamo lasciato gli altri a casa.
Emanuele nello stesso momento è impegnato a trascinare Cristian su
per le scale di casa sua. Tra una decina di minuti Eduardo lascerà
me ed Aurora a casa e poi andrà a dormire.
Una curva e subito dietro una paletta.
Un carabiniere di guardi fuori la caserma che ha deciso di farla
pagare a sti stronzi che vanno in giro a divertirsi. Eduardo accosta
e tira fuori la sua miglior faccia da uomo d'affari, Aurora dorme
appoggiara al finestrino davanti io sto steso dietro.
“patente e libretto per favore”
“si subito” dice Edo dopo essersi
impappinato in una serie di buon giorno e buona sera
Aurora apre un occhio.
Eduardo sta passando il libretto. Se ci
fanno il test dell'alcool questo ci spara direttamente
“ma nun rumpit o' cazzo” sentenzia
Aurora prima di rimettersi a dormire.
Eduardo sbianca, il carabiniere lo
guarda, poi guarda lei, guarda me e di nuovo lei.
“lasci stare, vada” ci dice quasi
in tono di scusa.
Edo non se lo fa ripetere due volte.
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