sabato 31 marzo 2012

ti ucciderò con un cacciavite


La vita di coppia è intervallata da momenti in cui ci si chiede perchè non i è tenuta la bocca chiusa. Di solito il rimpianto arriva sempre dopo, a danno fatto, ma al momento la mente di Alessandro era più che felice di crogiolarsi in quel pensiero mentre fissava il piccolo frigorifero al centro del soggiorno. Se non fosse stato un elettrodomestico sarebbe stato certo che l'elettrodomestico lo stesse deridendo.

Era una storia che andava avanti da un po'. Un po' troppo in verità: quattro mesi. O meglio ancora da quando Aurora, la sua ambile dolce e irrascibile metà aveva aperto per la prima volta il frigo nel minuscolo angolo cottura della loro nuova casa. La cuciana era un piccolo angolo largo un po' meno della scrivania nell'altra stanza in cui convivevano a stretto contatto lavello fornelli credenza e quello stramaledetto frigo. Aurora era persona pratica ed agile di mente e corpo ma perfezionista come un ragioniere giapponese e irrascibile come Attila l'unno con un occlusione intestinale. C'è da dire a suo merito che aveva tollerato molto di quella casa: la camera da leto sproporzinatamente grande, il soggiorno minuscolo, il bagno col soffitto obliquo che la costringefa a farsi la doccia piegata. Tollerava anche quella ridicola cucina di barbie ma il fatto che l'anta del frigo si aprisse verso i fornelli costringendola ogni volta ad uscire dall'angolo cottura la faceva diventare matta.



Fu uno di quei giorni che Alessandro fece l'errore. Quelle vanterie da uomo che non credi di dover mai mettere in pratica ma che puntualmente ci si ritorcono contro. Aurora era in equilibrio precario sulla soglia della cucina, piegata in una posa innaturale nel tentativo di predere qualcosa dal dannato elettrodomestico. Alessandro, ed io, scorrevamo i canali con aria interessata sul grosso quaranta pollici piazzato al di là della stanza, un metro scarso dal divano. Ai borbottii inaciditi della sua amata alessandro rispose prontamente, e sovrappensiero:

“amò se ti da così fastidio il frigo possiamo smontre lo sportello e mettere il perno sulla altro lato”

il viso di Aurora fece capolino da dietro una confezione di uova “vabbè adesso lascia perdere”

“guarda che non ci vuole niente, l'ho fatto pure a casa mia” rispose Alessandro

“si magari gli posso dare una mano veramente è una fesseria” aggiunsi senza sapere il danno che avevo fatto.

La cosa finì lì. Mangiammo bevemmo ed andammo a dormire, chi in camera chi sul divano per poi andare in giro il mattino seguente.

Si possono dire molte cose di Aurora ma di sicuro non è una persona che si fa spaventare dal lavoro fisico e per giunta ha un ottima memoria. Verso sera sia io che Alessandro tornammo verso la stessa ora solo per trovare il piccolo frigo nel mezzo del soggiorno, cacciaviti, martelli e quantaltro ben disposti sul tavolo e Aurora che studiava nella stanza accanto.

Subito Alessandro capì il sottile suggerimento datogli dalla amore della sua vita e subito si mise all'opera ben conoscendo le conseguenze di una manovra evasiva o di un temporeggiamento.



Fase uno: svuotare il frigo. Fatto non c'era niente già prima

fase due: smontare l'anta. Facile

nota: la prossima volta prima di smontare l'anta assicurarsi che le parti mobili siano state rimosse dalla stessa

fase tre: sganciare il perno. Panico.



Il coperchio non si toglie. nell'ordine i rivelano inutili: tirare, spingere, far leva con i cacciaviti, cacciare i cani, svitare tutto lo svitabile, imprecare, smontare la copertura esterna, imprecare di nuovo, premere tutto quello che sembra premibile, imprecare ancora e più forte, tirare di nuovo.



“allora avete fatto? Su che io ho fame” io ad Alessandro ci guardiamo straniti, il tempo sta per scadere.

“e se provassimo a smontare il coperchio? Vedi qui ci sono delle viti” dico con poca convinzione

“si può essere, è un ferro vecchio magari per arrivare al perno bisogna fare così”

“ e poi o così o stacchiamo il motore ci arrivamo da dietro”



ci rimettiamo al lavoro: via la copertura di alluminio, via l'isolante, via il primo scheletro di metallo del coperchio. Cazzo, non ci sono altre viti e che sono quei perni lì sotto?

È la resa. Non c'è più nulla da svitare e ogni altro tentativo potrebbe compromettere la struttura. Aurora fa la sua apparizione nel suo tutone da studio: “ma che state facendo?!”

“non si apre sopra” dice Alessandro sottintendendo qualcosa come “lascia fare a noi donna che ne capiamo”

“ e quindi avete ensato bene di scassarlo? Vi porto un trapano?” fine ironia

“ma vedi ci stanno solo stanno solo sti perni qui in basso iente viti, devono essere interne, non si può smontare” dico con diplomazia e falsa competenza.

Aurora si avvicina, osserva per un po' poi da una manata sul davanti del coperchio: Tlak!

Il pezzo si sgancia senza problemi, Aurora prende il perno dall'interno e lo sposta da destra a sinistra poi rimette su il coperchio un altra manata e tlak. Come nuovo.



Ci guarda con giusta aria di sufficienza: “rimettete a posto, io vado a finire il capitolo” si gira e va nell'altra stanza non degnadoci di una parola.

Mano male aggiungerei.

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